FIRENZE, 30 luglio 2019 – Un dipinto, ora esposto nel fiorentino Palazzo Pitti, ed un libro. Al centro della doppia iniziativa, la tela ‘La cattura di Cristo’, copia del capolavoro che Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, aveva eseguito nel 1602 per il nobile romano Ciriaco Mattei: un’opera a lungo considerata perduta, quella del grande pittore lombardo, ma, in anni recenti, riconosciuta da molti nel dipinto oggi esposto alla National Gallery of Ireland di Dublino. Quanto alla copia, realizzata con tecnica sopraffina da uno sconosciuto contemporaneo del maestro, è stata per molto tempo ignorata e ‘snobbata’ dagli studiosi, fino ad essere addirittura allontanata all’inizio del Novecento dalle raccolte di Palazzo Pitti e consegnata in deposito esterno, prima alla Prefettura di Pistoia, poi a Firenze alla Caserma Baldissera dell’Arma dei Carabinieri, per arredarne le sedi istituzionali. Da oggi sarà possibile ammirarla nella sala di Berenice, all’interno della Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

Ora, restaurata e sottoposta a studi di esperti e storici dell’arte, la replica della Cattura riemerge dall’oblio: non solo è da oggi esposta nella sala di Berenice di Palazzo Pitti (la stessa dove risplende da qualche giorno, dopo dieci anni di oblio, la Madonna della Gatta di Federico Barocci), ma è diventata anche protagonista di un libro: ‘La Cattura di Cristo da Caravaggio. Un recupero per le Gallerie degli Uffizi’, curato da Gianni Papi e Maria Sframeli ed edito da Sillabe, che ne ricostruisce la storia e racconta i dettagli del suo recupero.

Grazie alle accurate ricerche che costituiscono il cuore del volume, è stato possibile accertare la provenienza della tela dal castello lorenese di Commercy: dallo stesso luogo, ha svelato la lettura degli inventari, arrivarono molti altri quadri ad arricchire le collezioni granducali fiorentine, primo fra tutti uno dei capolavori di Rubens, I quattro filosofi (esposto nella Galleria Palatina) la cui origine era rimasta finora nell’ombra.
“Una nuova prova della grande generosità e del grande amore per Firenze degli Asburgo-Lorena – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt – i quali, sia con il trasferimento a Firenze di loro opere di assoluto rilievo dalle loro residenze e anche dalla capitale, Vienna, sia attraverso successive campagne di acquisti d’arte, talvolta di intere raccolte nobiliari, incrementarono il valore degli Uffizi e di Palazzo Pitti in maniera rilevante”.
Fonte: Opera Laboratori Fiorentini