MUSEI / Dal Principe delle Arene Candide alla Tavola di Polcevera: riapre a Genova il Museo di Archeologia Ligure

Il Museo di Archeologia Ligure di Genova riapre i battenti con un percorso nuovo e “a norma”. Un viaggio in 18 sale alla riscoperta di 100mila anni di storia ligure: a parlare sono reperti straordinari quali il Principe delle Arene Candide, giovane cacciatore vissuto 24mila anni fa sepolto con un ricco corredo; la ricca tomba…

Una delle sale del Museo

È stato chiuso per un po’, ma ne è valsa la pena. Sì, perché quello che aprirà i battenti giovedì 29 dicembre 2022 sarà un museo nuovo: a norma e con un percorso accattivante che alterna reperti esposti in maniera “tradizionale” a momenti più immersivi, in grado di coinvolgere e affascinare il visitatore. Stiamo parlando del Museo di Archeologia Ligure di Genova, un gioiello tutto da (ri)scoprire nel cuore dello straordinario complesso storico-ambientale dei Parchi e Musei di Pegli, affascinante quartiere nel Ponente della città, all’interno della splendida Villa Durazzo Pallavicini: un’antica dimora nobiliare che fu donata al Comune di Genova nel 1928 dagli eredi dei Pallavicini perché fosse utilizzata a scopi culturali, gettando così le basi per quello che sarebbe diventato il più importante museo archeologico della Liguria, inaugurato nel 1936.

Villa Durazzo Pallavicini, sede del Museo

Nelle 18 sale su tre piani, il pubblico potrà tornare a esplorare sfide, crisi e successi delle due specie umane vissute in Liguria nel corso di ben 100mila anni di storia. Le straordinarie raccolte archeologiche raccontano infatti i movimenti di Neanderthal e Sapiens, la vita dei cacciatori dell’era glaciale, l’arrivo dei primi pionieri marittimi mediterranei, le manifestazioni artistiche e spirituali, gli accampamenti in grotta, i primi villaggi, le strade e gli insediamenti più antichi della regione. Si scoprirà anche la nascita di Genova 2500 anni fa e i suoi primi abitanti, le relazioni col Tirreno e il Mediterraneo, le lotte dei Liguri con Roma e la fondazione delle città della Liguria come provincia romana.

Lungo il percorso espositivo gli allestimenti tradizionali si alterneranno a quelli più moderni, con tanto di QRCode, mentre utensili e armi saranno accanto a materie prime e riproduzioni da manipolare, per “toccare con mano” le storie di donne e uomini vissuti in Liguria nel passato remoto e antico. Ma c’è di più. Nella “Grotta dell’Archeologia”, realizzata nell’area di accesso ad un rifugio antiaereo realizzato nella Seconda Guerra Mondiale nelle vicinanze del Museo, il pubblico potrà rivivere momenti ed esperienze “quotidiane” della vita nelle grotte liguri oltre 6.000 anni fa, in un’esperienza davvero “immersiva”.

Tanti reperti unici

Tra i 50.000 reperti conservati nello storico museo si ritrovano testimonianze delle vicende più significative della storia ligure: dai grandi cambiamenti climatici del paleolitico alle origini di Genova, fino all’ascesa di Roma e alla nascita delle prime città romane in Liguria. La provenienza non solo da scavi archeologici ma anche da alcune raccolte private – tra le quali spicca quella ottocentesca del Principe Odone di Savoia con lo splendido piatto a tema dionisiaco del IV secolo a.C. – consente spunti narrativi anche su questo peculiare capitolo di un collezionismo colto e raffinato che oggi pare essere un po’… passato di moda.

Alcune testimonianze sono davvero uniche. Notissimo è il Principe delle Arene Candide, un giovane cacciatore di 15 anni vissuto circa 24.000 anni fa i cui resti sono stati ritrovati a 6,70 m di profondità nella Caverna delle Arene Candide di Finale Ligure, nel Savonese. Era un ragazzo atletico, alto 1 metro e 70 e con braccia molto robuste – specie la destra, con cui scagliava le lance durante la caccia – e gambe allenate da sforzi continui e prolungati. Le analisi fatte sulle sue ossa indicano che mangiava molta carne di animali selvatici, ma anche pesci e molluschi.

Il giovane “Principe delle Arene Candide” con lo straordinario copricapo di conchiglie

Il soprannome di “Principe” gli fu dato per via dello straordinario corredo con cui è stato sepolto: adagiato sulla schiena e ricoperto di ocra rossa, indossava un copricapo formato da centinaia di conchiglie marine forate e un bracciale di conchiglie con ciondolo in avorio di mammut. Nella mano destra portava ancora stretto un lungo coltello in selce (di “importazione”, proveniente dall’odierna Francia meridionale); aveva inoltre con sé quattro bastoni “di comando” ricavati da corna di alce, forati e decorati da linee e tacche incise e due “bottoni” in avorio di mammut accanto alle ginocchia.

Il sito delle Arene Candide venne abitato anche in seguito, come testimonia la necropoli di cacciatori–raccoglitori del periodo Epigravettiano (12-11.000 anni fa) contenente i resti di una ventina di uomini, bambini, donne e giovani (di cui cinque esposti nel grande salone al primo piano del museo). Gli individui furono seppelliti con modalità differenti – da soli, affiancati o sovrapposti – e in due fasi diverse, separate fra loro da alcuni secoli; i corredi sono composti di ciottoli, minerali coloranti, bracciali e cavigliere di conchiglie, macinelli e resti di animali quali alci, cervi, ricci, castori, pesci, uccelli e persino numerosi scoiattoli.

Alcuni scheletri della necropoli Epigravettiana della Caverna delle Arene Candide

Tra i pezzi più suggestivi del Museo citiamo senz’altro la Stele di Zignago, rinvenuta nel 1827 nell’omonima località dello Spezzino con altri 52 esemplari scolpiti fra l’Età del Rame e l’Età del Ferro, con cui costituisce il corpus delle stele della Lunigiana esposte al Castello del Piagnaro di Pontremoli e al Castello di San Giorgio della Spezia. Scolpita nell’arenaria, la stese ha forma antropomorfa: sulla testa sono leggibili occhi e naso e il corpo è privo di elementi anatomici o raffigurazioni di armi come invece avviene in altre statue stele. Le state-stele della Lunigiana sono manufatti affascinanti e controversi: si tratta forse di figure di antenati-eroi posti a segnalare pascoli, giacimenti di materie prime o percorsi importanti durante l’età dei metalli. Quest’epoca è caratterizzata da profondi cambiamenti tecnologici, sociali ed economici: la scoperta e l’utilizzo degli oggetti in metallo, la diffusione della pastorizia intensiva con la pratica di incendiare la foresta per ricavare pascoli e l’affermazione di clan e altri gruppi formati da consanguinei di cui troviamo le sepolture in grotticelle o tombe monumentali. La stele di Zignago risale a circa 4000 anni fa; circa 2500 anni fa però, sul lato destro, è stato inciso in caratteri etruschi MEZUNEMUNIUS, una parola leggibile dall’alto in basso di significato incerto.

La Stele di Zignago (SP), un esempio di statua-stele di tipologia affine a quelle diffuse nella Lunigiana

Sempre al periodo preromano afferisce la Tomba 30 della necropoli di Via XX Settembre, appartenente ad una donna di alto rango giunta a Genova nel V secolo a.C. dall’area di Como e della Cultura di Golasecca a seguito di un’alleanza matrimoniale. Il suo corredo comprende una splendida collana in ambra, importata dal Baltico, elementi a forma di vaso portaprofumi, un ciondolo a forma di stivaletto, un disco fermapieghe in oro e alcune spille (fibule) in lega d’argento di diverse forme confrontabili con elementi simili rinvenuti nell’Etruria Padana.

La collana della “dama” di via XX Settembre

Vi è poi il gruppo scultoreo del Cerbero, un’opera straordinaria e unica realizzata a Genova nella prima età imperiale romana (I secolo a.C. – I secolo d.C.). Il mostro mitologico, feroce cane con tre teste guardiano del regno dei morti, di teste ne ha conservate solo due ed è accovacciato sulle zampe posteriori mentre la sua zampa anteriore destra poggia con gli artigli su una testa umana mozzata. Realizzata in marmo apuano, la scultura è stata ritrovata a Genova nella zona dell’attuale via Fieschi, in un’area di sepoltura prossima alla necropoli e lungo una via. Riunisce in sé elementi del mondo mediterraneo, come la figura mitologica del Cerbero appunto, ma anche celto-liguri – come la testa umana mozzata – e di ambito etrusco e italico, come la coda a forma di serpente con cresta e bargigli.

Il Cerbero, opera di età imperiale romana

Chiude la serie di reperti “illustri” la Tavola di Polcevera, il più antico documento giuridico riguardante i Liguri e Genova. Questa importante epigrafe in bronzo fu rinvenuta nel 1506 nei pressi di Serra Riccò, in Valpolcevera, nell’entroterra genovese. Riporta in lingua latina l’arbitrato emesso nel 117 a.C. da due magistrati romani, i fratelli Minucii, riguardante i territori sotto il controllo di Genova nella valle. Il testo riporta i confini e le attività agro-pastorali permesse ai Vituri Langensi, popolazioni liguri della Val Polcevera, e dà importanti informazioni anche sul tracciato della via Postumia che attraversava quel territorio collegando Genova alla Pianura Padana e poi verso est all’Adriatico. Il documento è stato per molti anni simbolo delle antiche origini di Genova.

La tavola di Polcevera, il più antico documento giuridico riguardante i Liguri e Genova

La riapertura del Museo avverrà giovedì 29 dicembre alle ore 12, con una festa organizzata dal Comune di Genova in collaborazione con associazioni e realtà economiche del Ponente cittadino. Una giornata che inizierà con l’inaugurazione della targa commemorativa dedicata all’archeologo siriano Khaled al-Asaad, studioso di fama mondiale decapitato il 18 agosto 2015 dai miliziani dell’Isis, dopo aver dedicato tutta la vita al sito archeologico di Palmira. L’evento sarà allietato da momenti musicali a cura della Conte Brass Band e, nel pomeriggio, con attività e laboratori per bambini e ragazzi.


INFORMAZIONI

Museo di Archeologia Ligure
Via Ignazio Pallavicini 11, Genova
Tel. 010 698 4045
archligure@comune.genova.it

Per informazioni: Museo di Archeologia Ligure

©STORIE & ARCHEOSTORIE. RIPRODUZIONE RISERVATA.

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