Proseguono le indagini archeologiche nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Gli scavi, condotti dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma Sapienza, hanno riportato alla luce il basamento roccioso della collina rasa al suolo nel IV secolo dall’imperatore Costantino per isolare la tomba di Cristo e favorirne la venerazione. Ritrovati anche i resti di…

Proseguono gli scavi archeologici in corso nel complesso del Santo Sepolcro a Gerusalemme, uno dei luoghi più importanti ed emblematici della Cristianità. Gli ultimi risultati delle indagini, condotte dall’équipe del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma Sapienza sotto la direzione della prof. Francesca Romana Stasolla coadiuvata dai proff. Giorgia Maria Annoscia e Massimiliano David, sono stati presentati l’11 gennaio 2023 in occasione della visita dei responsabili delle Comunità presso il cantiere archeologico. Tra le novità emerse, il ritrovamento di frammenti di pavimento in opus sectile; i dati raccolti inoltre stanno contribuendo a chiarire la stratigrafia del monumento che sorse direttamente sul luogo del sepolcro di Cristo.

Nel IV secolo l’imperatore Costantino fece realizzare attorno alla collina della crocifissione una basilica composta da tre edifici collegati fra di loro e costruita sopra tre differenti luoghi santi: la basilica vera e propria o martyrium, un triportico che inglobava la roccia del Calvario e infine una chiesa rotonda, l’Anástasis (“resurrezione”), contenente i resti della grotta identificata come luogo di sepoltura di Gesù. Anastasis e martyrium vennero inaugurati il 14 settembre del 335 in occasione della festa dell’Esaltazione della Croce; la roccia circostante venne scavata e la tomba inglobata in un’edicola posta al centro della Rotonda, la cui cupola venne completata alla fine del IV secolo, sostituendo il deambulatorio che anticamente circondava il Sepolcro stesso.
Gli scavi nella Rotonda

Gli scavi, come spiega la prof. Stasolla in un comunicato diffuso dalla Custodia di Terra Santa, hanno avuto inizio nel maggio 2022 ed hanno interessato fino ad ora parte della navata nord, la metà settentrionale della Rotonda e l’area di collegamento fra le due zone. Attualmente le ricerche si stanno concentrando nella porzione meridionale della Rotonda, oggetto della visita di questi giorni. I lavori, viene precisato, si svolgono “a ciclo continuo, di giorno e di notte, e il gruppo degli archeologi che opera a Gerusalemme si avvale del supporto remoto del resto dell’équipe che si trova a Roma, dover avviene l’elaborazione dei materiali prodotti, che viene realizzata in tempo reale”.
Nella porzione meridionale della Rotonda è stato portato alla luce il fronte di cava, che come negli altri settori di scavo degrada da nord-ovest verso sud-est, con dislivelli anche molto importanti; la sua profondità in questa zona va da pochi cm ad oltre 2 m. Sono ben evidenti le tracce lasciate dei cunei da distacco e dei tagli per l’asportazione dei blocchi, anche di grandi dimensioni.

Direttamente sul banco di cava poggiano le fondazioni e le sostruzioni di età romana, da attribuire alle strutture collegate con i lavori promossi dall’imperatore Adriano (117-138) nell’area, dove le fonti scritte ricordano la presenza di una struttura templare. “Tali strutture – spiega Stasolla – appaiono defunzionalizzate e ridotte a pochi filari, ed almeno in parte interessate da fenomeni di combustione”. La maggior parte delle murature romane era già stata messa in luce nel corso delle indagini effettuate nel 1974 da Charles Couasnon e documentata dal francescano Virgilio Corbo. In occasione degli scavi attuali, però, tutta l’area precedentemente indagata è stata riportata alla luce, rimovendo la soletta in cemento che la ricopriva, così da poterla documentare e rileggere in connessione con i nuovi ritrovamenti archeologici.
Distruzioni romane e nuovi reperti
La pesante distruzione degli edifici romani si deve anche all’abbassamento di quota di tutta l’area in cui insiste la Rotonda nel momento in cui, nei primi decenni del IV secolo, venne presa la decisione di riportare alla luce e monumentalizzare la tomba venerata, identificata con quella di Cristo. Gran parte delle strutture romane venne distrutta e la roccia venne tagliata sino alla base della tomba, originariamente scavata nel fianco di una collina, fino a creare attorno ad essa un’area pianeggiante.
I resti di una prima monumentalizzazione della tomba sono stati rinvenuti al di sotto dell’attuale edicola ottocentesca. Si tratta di un pavimento di forma circolare in marmi di riutilizzo, lavorati con cura, la cui circonferenza abbraccia l’intera area nella quale insiste la tomba e la cui pianta circolare coincide con quanto noto dalle più antiche rappresentazioni dell’edicola.

I frammenti di pavimenti in opus sectile (foto ©Sapienza-Università di Roma/Custodia di Terra Santa)
Negli ultimi scavi sono stati rinvenuti anche i resti di due fasi pavimentali, entrambi in opus sectile. La più antica utilizza lastrine di marmo bianco e grigio, ed una porzione di essa era già portata alla luce nel corso degli scavi di Couasnon; poggia direttamente sul banco roccioso e, ove questo è a quota più bassa, su interri e stratigrafie di preparazione. Una seconda, a quota più alta, è realizzata in marmi di riutilizzo, fra i quali compaiono porfido ed abbondante cipollino; frammenti sporadici di questa pavimentazione erano stati rinvenuti anche nell’area nord della Rotonda. Una complessità stratigrafica, conclude Stasolla, che “determina la necessità di dover proseguire le indagini archeologiche e lo studio dei materiali rinvenuti, così da poter puntualizzare sequenze e cronologie e proporre quindi ricostruzioni filologicamente attendibili”.
Le analisi e le ricerche nel sottosuolo della basilica proseguiranno procedendo, come finora, in aree distinte che saranno scavate in modo da non ostacolare lo svolgimento delle funzioni religiose delle diverse confessioni e consentire la visita del complesso da parte dei pellegrini.
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