FAENZA (RA), 10 aprile 2019 – La città di Faenza (Ravenna) conserva un patrimonio archeologico fra i più importanti dell’Emilia-Romagna, derivante dalla sua fondazione romana e dai numerosi ritrovamenti. Poco meno di due anni fa, l’atrio di Palazzo Mazzolani, storico edificio del primo Settecento faentino, era stato oggetto di un importante intervento di riqualificazione che aveva reso visibili al suo interno una selezione di reperti archeologici faentini. Ora il Rotary Club Faenza ha promosso la realizzazione di una nuova esposizione di mosaici romani, in un ambiente visibile ma non visitabile, un luogo che va incontro alla città e rappresenta un modello replicabile per dare lustro ai tesori nascosti della storia faentina. L’inaugurazione si terrà domani, 11 aprile, alle ore 18 presso la Corte di Palazzo Mazzolani (Corso Mazzini n. 93).
L’esposizione storico-cronologica dei mosaici romani, curata dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, restituisce il quadro di una città non solo ricca ed elegante ma soprattutto all’avanguardia per qualità, tecnica e cultura.

Faenza, Via Azzo Ubaldini 4, 1896, già conservato presso il Lapidario Comunale
In un’ala di palazzo Mazzolani vengono esposte una selezione dei più importanti pavimenti di età romana (dal I al VI secolo d.C.) rinvenuti nel corso di scavi archeologici a Faenza, un dolio (contenitore in genere interrato che serviva alla conservazione delle granaglie, n. 4) e un gruppo di anfore (n. 3) usate per il trasporto e la conservazione di olio, vino e salse.
Nella parte orientale di Faventia, nei primi secoli dell’Impero, erano presenti domus di vasta estensione, caratterizzate dalla presenza di mosaici estremamente raffinati. Ne sono un esempio le porzioni di pavimentazioni nn. 5, 6, 7, 9, 1O, 11, le prime tre scavate nel 1993 e le altre scoperte nel 1899. Solo attraverso uno studio attento delle caratteristiche di questi pavimenti si è potuto appurare che facevano parte di un’unica, estesa abitazione. A questa domus appartenevano anche altri due pavimenti a mosaico, integri, attualmente esposti a TAMO – Ravenna.
Per le zone residenziali e di rappresentanza della domus veniva utilizzato il mosaico, sia con una decorazione ripetitiva e continua, chiamata per questo motivo “a tappeto” (ad es. n. 12), sia utilizzando riquadri (emblemata) con raffigurazioni più o meno complesse (ad es. n. 13). In questo secondo caso il committente sceglieva temi legati alla moda del tempo o che potevano esaltare in modo allusivo la sua figura o la sua ospitalità. In alcuni casi i pavimenti erano realizzati in marmi colorati, con raffigurazioni geometriche (opus sectile).
Oltre al mosaico, in età romana per le pavimentazioni erano utilizzati diversi materiali; in alcuni ambienti residenziali, soprattutto tra il II sec. a. C e il I sec. d. C. veniva impiegato anche il battuto di cocciopesto (ad es. n. 8) sia decorato con frammenti marmorei distribuiti disordinatamente, sia a formare delle raffigurazioni geometriche o in taluni casi privi di decorazione. Nelle zone di maggiore utilizzo erano impiegate le pavimentazioni in laterizio (ad es. n. 2) realizzate in varie fogge: con mattoncini posati a spina pesce, a coltello o di piatto oppure conformati ad esagonette, rombi, talvolta decorati con tessere in pietra.
In età tardo antica (IV-VII secolo d.C.) la città di Faenza subì l’influenza di Ravenna, divenuta capitale nel 402 d.C. Per questo motivo vennero costruite residenze di rappresentanza di vasta estensione e riccamente decorate con mosaici policromi. Ne sono testimonianza le pavimentazioni rinvenute in particolar modo nell’area a nord-est della città come le nn. 12, 14 e 19, appartenenti ad un unico complesso abitativo databile attorno al V sec. d.C., o il grande mosaico scoperto in piazza Martiri della Libertà (n. 16) pertinente ad un ambiente di m 14×8.
I manufatti esposti sono un interessante repertorio di storia del restauro musivo legato alla conoscenza e al gusto dei tempi. I mosaici restaurati a fine ‘800 sono testimoni dell’interesse esclusivo per aspetti stilistici ed iconografici, con distacchi da scavo in porzioni a massello (nn. 9 -11). I mosaici già esposti nei primi decenni del ‘900 presentano successive rimozioni di alcuni motivi decorativi giudicati evocativi del regime politico appena trascorso (n. 13). I pavimenti musivi rinvenuti e restaurati negli anni ’60 – ’70 del ‘900 sono testimonianza dell’avvento delle malte cementizie impiegate come nuovo supporto dei tessellati rimossi da scavo con la tecnica dello strappo (nn. 18, 19). Le estese superfici musive sono il risultato degli interventi di restauro eseguiti negli anni ’90 del ‘900 che recuperano l’interezza delle superfici pavimentali e utilizzano nuovi supporti alleggeriti costituiti da pannelli alveolari in alluminio (nn. 5 – 8).
Il dolio, contenitore in genere interrato che serviva alla conservazione delle granaglie
A cura di Carla Conti
INFORMAZIONI
Archeologia nella corte di Palazzo Mazzolani
Corte di Palazzo Mazzolani, Corso Mazzini n. 93 a Faenza (RA)
inaugurazione Giovedì 11 aprile 2019, ore 18:00
Corte di Palazzo Mazzolani in Corso Mazzini n. 93 a Faenza
Intervengono
Tiziano Rondinini, presidente Rotary Club Faenza
Giovanni Malpezzi, sindaco di Faenza
Giorgio Cozzolino, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
Michele De Pascale, presidente Provincia di Ravenna
Massimo Caroli, presidente ASP Azienda Servizi alla Persona della Romagna Faentina
Chiara Guarnieri, archeologa della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
Massimo Isola, assessore Cultura Comune di Faenza
Ennio Nonni, dirigente Unione Romagna Faentina
Al termine, sarà offerto un buffet