ARCHEOSTUDI / Non di sifilide ma per un agente patogeno ancora sconosciuto: così morì, nel Settecento, una donna di Basilea. A dircelo, lo studio sulla sua mummia

Un team di ricerca di Eurac Research e del Museo di storia naturale di Basilea ha scoperto nei campioni di tessuto di una mummia del Settecento un agente patogeno ancora sconosciuto. La donna non morì di sifilide, come si credeva finora, ma probabilmente a causa dei trattamenti a base di vapori o unguenti di mercurio,…

La mummia di Basilea (© Gregor Brändli)

Non di sifilide, ma a causa di un batterio ancora sconosciuto: così morì all’età di 68 anni, nel 1787, Anna Catharina Bischoff, la cui mummia fu ritrovata nel 1975 a Basilea, in Svizzera, durante i lavori di ristrutturazione della chiesa francescana nota come “Barfüsserkirche”. All’epoca la sifilide fu diagnosticata sulla base della presenza di evidenti lesioni sul cranio, sui femori e sulle ossa toraciche ritenute indicative della malattia, ipotesi corroborata dell’alta concentrazione, riscontrata nei tessuti cerebrali, di mercurio, utilizzato nella medicina dell’epoca come trattamento per questa patologia. Successive e più approfondite analisi, condotte sui resti da un’equipe dell’Istituto per la ricerca sulle mummie di Eurac Research, non hanno però rilevato le tracce dell’agente patogeno della sifilide, Treponema pallidum subsp. pallidum. Utilizzando un nuovo metodo, finora raramente applicato al DNA antico, gli studiosi hanno assemblato il genoma di un micobatterio non tubercolare ancora sconosciuto. La scoperta, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale BMC Biology, è potenzialmente di grande importanza: l’individuazione di nuovi e rari microrganismi in materiale genetico antico consente infatti agli scienziati – spiega l’Eurac in un comunicato – “di approfondire aspetti cruciali dello sviluppo delle malattie infettive umane”. E può contribuire ad affrontare le epidemie anche nel presente.

Il patogeno che aveva colpito la signora Bischoff appartiene a un gruppo di micobatteri non tubercolari di una famiglia che causa, tra le altre, la lebbra e la tubercolosi. I micobatteri non tubercolari sono microrganismi ambientali che si trovano nel suolo e nell’acqua; raramente sono patogeni, ma quando lo sono possono causare polmonite e altre infezioni, soprattutto in persone immunocompromesse. La “signora della Barfüsserkirche” soffriva di aterosclerosi – una condizione patologica caratterizzata da alterazioni della parete delle arterie, che perdono la propria elasticità a causa dell’accumulo di calcio, colesterolo, cellule infiammatorie e materiale fibrotico – e calcoli biliari. La morte potrebbe essere sopraggiunta a causa dei trattamenti a base di vapori o unguenti di mercurio, all’epoca somministrati di frequente per trattare non solo la sifilide, ma anche altre infezioni assai diffuse. Quale, però, resta pr il momento ignoto. Molto probabilmente il mercurio ha favorito anche il processo di mummificazione del corpo: la sua presenza infatti rallenta o inibisce, al pari del piombo e dell’arsenico, il processo di decomposizione dei tessuti.

Il ritrovamento di microrganismi rari o sconosciuti, spiega il microbiologo e autore principale dello studio Mohamed Sarhan, ha un grande potenziale per la ricerca sul microbioma: “Per poter valutare come è cambiata la colonizzazione batterica umana, dobbiamo sapere quali microbi erano presenti nella flora intestinale o orale dei nostri antenati”. Ciò è possibile grazie al cosiddetto metodo “de-novo assembly”, in cui le sequenze di basi vengono messe insieme come un grande puzzle per formare un intero genoma precedentemente sconosciuto. Il metodo diventerà uno strumento cruciale anche nella moderna diagnostica medica: secondo Frank Maixner, microbiologo di Eurac Research e responsabile dello studio, potrà infatti aiutare a “chiarire le cause alla base di malattie delle quali non si conosce ancora il patogeno responsabile”.

L’Istituto per la ricerca sulle mummie di Eurac Research ha contribuito anche, insieme agli esperti di genealogia del Museo di storia naturale di Basilea, a stabilire l’identità della defunta e la sua appartenenza a una classe sociale medio-alta, condizione che le consentiva di accedere a cure all’epoca considerate all’avanguardia. Il meticoloso studio documentario, storico e genetico ha permesso di ricostruirne attraverso le generazioni l’albero genealogico della donna fino a individuare i discendenti ancora in vita.

Per saperne di più:

  • Sarhan, M.S., Wurst, C., Tzankov, A. et al. “A nontuberculous mycobacterium could solve the mystery of the lady from the Franciscan church in Basel, Switzerland”. BMC Biol 21, 9 (2023). https://doi.org/10.1186/s12915-022-01509-7.

©STORIE & ARCHEOSTORIE. RIPRODUZIONE RISERVATA.

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