Stonehenge fu costruito in cinque fasi tra il 3000 e il 1500 a.C. circa. Nella prima fase, fu eretto un piccolo cerchio (la cosiddetta “Bluestone Horseshoe”) utilizzando pietre provenienti dalle Montagne Preseli, nel Galles sud-occidentale. Sono principalmente di dolorite ma comprendono esempi di riolite, arenaria e ceneri calcaree vulcaniche e pesano in media quattro tonnellate. In appositi buchi (detti “Aubrey Holes”, i buchi di Aubrey) furono inumati i resti, cremati, di vari individui. In seguito il cerchio fu allargato e ulteriormente monumentalizzato con i giganteschi monoliti che ancora oggi caratterizzano il sito.
Già negli anni Venti del Novecento l’archeologo William Hawley aveva scoperto nei buchi di Aubrey i resti cremati di vari individui. Tali resti, ora sottoposti ad analisi scientifiche e ai test del radiocarbonio, sono stati datati con precisione e risalgono ad un periodo compreso tra il 3100 e il 2600 a.C.
“Nella prima fase – sostengono gli studiosi – le sepolture erano collocate all’interno e di fianco ai buchi di Aubrey e legate ciascuna a una particolare pietra, stabilendo un legame tra i defunti qui inumati e le stele stesse. Le sepolture in prossimità delle pietre continuarono durante e dopo la seconda fase, suggerendo una continuità in questa usanza. In seguito, però, la maggior parte delle sepolture si concentra nel fossato scavato al di fuori del cerchio di pietre, le quali risultano così raggruppate al centro del sito e isolate dai resti. L’ipotesi è quindi che i resti appartengano a individui di alto rango sociale: in tutto si tratta di almeno 27 persone tra adulti e giovani, 9 dei quali maschi e 5 femmine. Durante gli scavi gli archeologi hanno trovato anche una sepoltura, ancora intatta, contenente i resti cremati di una donna adulta. Le pietre erette nel cerchio primordiale erano molto probabilmente delle stele che servivano a identificare le sepolture. Il cimitero fu usato per circa 500 anni (corrispondenti alle prime due fasi di utilizzo), dopo di che si preferì inumare i defunti altrove e il sito divenne un santuario dove si venerava la memoria degli avi, la cui essenza era ormai stata “trasferita” nella pietra stessa.