Al via gli scavi al castello di Teglio, in Valtellina: obiettivo, ritrovare il castrum tardoromano che si celerebbe all’ombra della “Torre de li Beli Miri”. La campagna archeologica nasce dalla sinergia tra Comune, Soprintendenza e Università di Bergamo allo scopo di approfondire la conoscenza e favorire il rilancio del territorio.
di Elena Percivaldi – ©RIPRODUZIONE VIETATA
Indagini archeologiche al via al Castello di Teglio, in provincia di Sondrio, oggetto della ricerca il castrum romano, il centro militare e amministrativo di riferimento per il territorio, che potrebbe celarsi all’ombra della “Torre de li Beli Miri”, le cui pietre rappresentano le ultime vestigia dell’antico complesso fortificato che caratterizzava il centro che diede il nome all’intera valle: Tillina Vallis , la Valtellina. Un luogo abitato sin dalla preistoria, come hanno dimostrato numerosi rinvenimenti di stele dell’età del bronzo, e che divenne cruciale per via della sua posizione strategica soprattutto in età romana e nel Medioevo, quando ricadde sotto la diretta amministrazione dell’Arcivescovo di Milano, riuscendo a ribadire la propria centralità anche in età viscontea e durante il successivo dominio grigione.
Nonostante la sua importanza, l’area del castello non è però stata finora oggetto di adeguati studi scientifici, a differenza di quanto avvenuto invece per altri castelli della Valle. Una lacuna cui porrà rimedio ora l’intesa tra Università degli studi di Bergamo, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Lombardia e Comune, stretta proprio per avviare un progetto di ricerca che possa produrre la piena valorizzazione e restituzione alla collettività del sito, dallo straordinario potenziale archeologico, proseguendo il progetto finanziato da Fondazione Cariplo che ha portato al ripristino e alla valorizzazione della pineta di Teglio.

Le prime ricerche da parte dell’Ateneo orobico, condotte da Riccardo Rao, professore di Storia medievale e di Storia del Paesaggio, e da Federico Zoni, archeologo e assegnista di ricerca, sono state realizzate – si legge in una nota – con droni con camera multispettrale e georadar: nuove tecnologie sofisticate e non invasive, che consentono di prevedere il potenziale archeologico del sottosuolo, individuando nelle immagini prodotte particolari “anomalie” che possono nascondere la presenza di resti archeologici. Queste “anomalie” individuate dalle indagini multispettrali sono state verificate con sondaggi archeologici mirati condotti dall’archeologa Chiara Marveggio, con la direzione scientifica della Soprintendenza. Sebbene ancora preliminari, i risultati appaiono decisamente promettenti: sono infatti emerse numerose strutture murarie e sono stati raccolti materiali ceramici e ossa di varie epoche, che ora dovranno essere adeguatamente analizzati e saranno oggetto di future pubblicazioni.
«Sembra quasi scontato, alla luce dei primi risultati delle indagini al Castello, che la ricerca archeologica della Valtellina possa ripartire da Teglio », commenta Stefano Rossi, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese. «Rispetto al potenziale che questo territorio ha da offrire – continua il funzionario – però si è aspettato anche troppo tempo. Nessun altro posto della provincia di Sondrio può, infatti, vantare la ricchezza di testimonianze archeologiche di Teglio. Le indagini archeologiche, frutto di una collaborazione molto stretta con l’Università di Bergamo e il Comune, sono un importante tassello di un progetto più ampio, che coinvolge anche Palazzo Besta e la Direzione Regionale Musei della Lombardia e, che intende riportare a Teglio ed esporre al pubblico i reperti venuti alla luce negli ultimi vent’anni, come il “tesoro” di quasi trecento monete romane rinvenuto nel 2014 in via Antognoli».
«Negli ultimi anni – spiega Riccardo Rao -, come Università di Bergamo stiamo operando con sempre maggiore decisione nell’ambito della valorizzazione dei beni paesaggistici, archeologici ed ambientali della montagna lombarda e in particolare della Valtellina. Il castello di Teglio ci è parso fin da subito un contesto straordinario su cui applicare tecnologie di indagine archeologica all’avanguardia, che abbiamo sperimentato con successo in questi giorni. I risultati estremamente positivi ci incoraggiano a proseguire nelle ricerche, di modo che si possa restituire alla cittadinanza la storia del sito che alla Valtellina ha dato il nome».
Entusiasta l’archeologa Chiara Marveggio, incaricata delle indagini: «Poter lavorare in un contesto di così spiccato interesse storico come Teglio – dice in una nota – è sempre un privilegio, soprattutto avendo già avuto occasione più volte in passato di confrontarmi con la ricchezza del suo patrimonio archeologico, che attesta la continuità di frequentazione del territorio dall’epoca preistorica ai giorni nostri. Le recenti indagini hanno avuto la duplice finalità di iniziare a riscoprire l’importante sito del Castello e al tempo stesso, partendo proprio dal cuore del paese, sensibilizzare la comunità locale alla valorizzazione delle proprie origini ed è in questa direzione che spero possano muoversi anche i progetti futuri».

Quanto emergerà dagli scavi dell’area del castello andrà dunque a dettagliare ulteriormente il quadro storico di Teglio, località di grande interesse anche per via della chiesa romanica di San Pietro, edificata nella prima metà dell’XI secolo su una precedente costruzione paleocristiana le cui tracce sono riemerse in occasione degli scavi effettuati nel 1987. Ad aula unica in conci di pietra e ciottoli di fiume e affiancata da un bel campanile mosso ai lati da tre coppie di bifore , la chiesa conserva al suo interno affreschi di notevole importanza nel panorama della pittura lombarda, tra cui la grandiosa figura dell’arcangelo Michele che rinfodera la spada, di fine XV secolo, la teoria delle Vergini sagge e stolte dell’omonima parabola evangelica (tema che potrebbe suggerire la pertinenza di San Pietro al convento femminile affiliato all’ordine degli Umiliati) e soprattutto gli (scarni) lacerti con i mestieri stagionali e la visione apocalittica del Cristo in Trono accompagnato dal Tetramorfo degli evangelisti, visibili nell’abside.
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