ARCHEOSTUDI / L’estrazione virtuale del cranio dell’uomo di Altamura svela nuove informazioni sull’evoluzione dei Neanderthal

Pubblicati su “Communications Biology” i risultati di una ricerca internazionale coordinata dai paleoantropologi della Sapienza Università di Roma in cui si descrivono sia l’estrazione virtuale del cranio di uno scheletro noto come uomo di Altamura sia le nuove prospettive sull’evoluzione dei Neanderthal


Estrazione virtuale del cranio dell’Uomo di Altamura (Foto Giorgio Manzi – Sapienza Università di Roma)

Nel 1993 venne scoperto in Puglia lo scheletro pressoché completo di un Neanderthal, in una delle prime esplorazioni di un sistema carsico allora individuato dagli speleologi nell’Alta Murgia. Si tratta di un reperto paleoantropologico eccezionale per la completezza dei resti, che risale a circa 150.000 anni fa e che giace tuttora in un cunicolo quasi inaccessibile della grotta di Lamalunga (presso Altamura, Bari), intrappolato tra concrezioni calcaree laminari e coralloidi. 

Ora, grazie a un progetto (PRIN, 2017-2020) coordinato dalla Sapienza Università di Roma, è stato portato a termine lo studio dettagliato della morfologia del cranio di questo Neanderthal, reso possibile dall’applicazione di tecniche di paleoantropologia virtuale. La ricerca viene descritta sulla rivista Communications Biology del gruppo Nature. Ad essa hanno partecipato ricercatori della Sapienza Università di Roma, come Giorgio Manzi e Mary Anne Tafuri, o che afferivano allo stesso Ateneo quando la ricerca si è sviluppata, come Antonio Profico (Università di Pisa), Costantino Buzi (IPHES di Tarragona, Spagna) e Fabio Di Vincenzo (Università di Firenze).

Il cranio, così come l’intero scheletro di Altamura, si trova all’interno di una piccola camera all’estremità nord-occidentale del sistema carsico, chiamata Abside dell’uomo. La maggior parte degli elementi scheletrici è collassata qui dopo la morte dell’individuo e la decomposizione dei tessuti molli. I ricercatori hanno acquisito con tecniche digitali le due parti esposte del cranio, separatamente: la parte anteriore in modo diretto con sensori laser, essendo visibile dall’Abside dell’uomo, mentre l’altra metà ha richiesto l’uso combinato di fotogrammetria, in quanto accessibile solo con sonde telescopiche attraverso aperture nella cortina di colonne oltre lo scheletro. Le due parti sono state poi ricomposte e analizzate al computer, a seguito di una valutazione comparativa basata su diversi campioni di confronto, utilizzando come riferimento quello che è risultato come più affine (il Cranio 5 di Atapuerca-SH). 

Lo studio descrittivo e quantitativo del cranio rivela come la morfologia di questo importante reperto si inserisce nella variabilità del Neanderthal, pur mostrando alcuni tratti meno tipici, cioè più arcaici rispetto ad altri fossili europei datati tra 300 e 40 mila anni fa. Alcuni di questi caratteri non sono mai stati osservati in Homo neanderthalensis, il che suggerisce che la loro origine possa risalire a lunghe fasi di isolamento geografico delle popolazioni umane nei rifugi ecologici rappresentati dalle regioni meridionali della penisola italiana.

“Le parti digitalizzate in grotta non hanno punti di giunzione, perciò è stato necessario sviluppare un nuovo metodo per ricomporle – dichiara Antonio Profico, primo autore dell’articolo – Abbiamo così deciso di combinare virtualmente le due metà come se fossero porzioni disarticolate di un cranio, utilizzando campioni di riferimento su cui basare la migliore corrispondenza”.

Ricostruzione virtuale del cranio di Altamura (in ocra) mediante tecniche di paleoantropologia virtuale; il reperto di confronto in grigio (g) è il Cranio 5 di Atapuerca-SH.

Il cranio, così come l’intero scheletro di Altamura, si trova all’interno di una piccola camera all’estremità nord-occidentale del sistema carsico, chiamata “Abside dell’uomo”. La maggior parte degli elementi scheletrici è collassata qui dopo la morte dell’individuo e la decomposizione dei tessuti molli. I ricercatori hanno acquisito con tecniche digitali le due parti esposte del cranio, separatamente: la parte anteriore in modo diretto con sensori laser, essendo visibile dall’Abside dell’Uomo, mentre l’altra metà ha richiesto l’uso combinato di fotogrammetria e sonde telescopiche in quanto accessibile solo attraverso aperture nella cortina di colonne oltre lo scheletro. Le due parti sono state poi ricomposte e analizzate attraverso tecniche avanzate di morfometria geometrica, a seguito di una valutazione comparativa basata su diversi campioni di confronto.

“L’uomo di Altamura – aggiunge Costantino Buzi – rappresenta un esempio unico: è un Neanderthal potenzialmente completo (non ne conosciamo altri così rappresentativi). Lo scheletro è disarticolato e ricoperto da strati di calcite, la cui formazione ha favorito la conservazione eccezionale anche delle strutture scheletriche più fragili, come quelle interne all’apertura nasale”.

“La morfologia della grotta mostra diversi pozzi verticali, oggi occlusi da sedimenti, attraverso i quali potrebbe essere caduto il malcapitato – aggiunge Giovanni Boschian – Tuttavia, non è escluso che in passato la grotta avesse anche altri ingressi più praticabili, ma in questo caso diviene ancor più difficile spiegare perché questo neandertaliano vi rimase prigioniero”. “I risultati ottenuti dallo studio della morfologia dell’Uomo di Altamura che lo studio del cranio ci ha fornito sono estremamente utili per compredere l’evoluzione dei Neanderthal – conclude Damiano Marchi – Sarà molto interessante capire cosa ci racconterà il resto dello scheletro”.

“Alla luce dei nostri dati, riteniamo che il cranio di Altamura possa fare luce sul dibattito sull’evoluzione dei Neanderthal – aggiunge Giorgio Manzi, coordinatore della ricerca – La forma del cranio dell’uomo di Altamura rientra nella variabilità di questa specie estinta, condividendo caratteristiche con esemplari comunemente riferiti ai cosiddetti “Neanderthal classici” ma allo stesso tempo mostra affinità con Neanderthal antichi – come quelli di Saccopastore, qui a Roma – o con reperti ancora più arcaici, come il cranio di Ceprano (Lazio meridionale), che risale a circa 400 mila anni fa.”

Fabio Di Vincenzo conclude “La stretta somiglianza riscontrata con reperti precedenti lungo la linea evolutiva dei Neanderthal – come il Cranio 5 di Atapuerca-SH, datato a 430 mila anni fa – è piuttosto inaspettata. Abbiamo osservato questa somiglianza nell’espressione di varie caratteristiche craniche discrete, così come nella morfologia complessiva dell’osso occipitale, la cui anatomia può essere accuratamente valutata su Altamura.”

Per saperne di più:

Fonti: Sapienza Università di Roma / Università di Pisa / Università di Firenze

©STORIE & ARCHEOSTORIE. RIPRODUZIONE RISERVATA.

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