Se c’è un tempio della Cristianità che, come l’araba fenice, ha saputo attraversare i millenni e, più volte distrutto, è riuscito sempre a risorgere dalle proprie ceneri, questo è Montecassino. L’abbazia, fondata da San Benedetto intorno al 529 sulle rovine di una fortezza romana, è stata la culla del monachesimo continentale e uno dei più importanti scrigni di spiritualità e di cultura. Alle sue vicende e vicissitudini architettoniche è dedicato il bel volume di Michela Cigola “L’abbazia benedettina di Montecassino. La storia attraverso le testimonianze grafiche di rilievo e di progetto”, pubblicato dal piccolo ma coraggioso editore cassinese Francesco Ciolfi (pp. 215, euro 16).
Cigola ha meticolosamente ricostruito grazie ai documenti di prima mano le vicende del monastero, dalla fondazione all’ultima, terribile distruzione, avvenuta in seguito ad un bombardamento nel secondo conflitto mondiale. Una storia che si dipana attraverso duchi quali Gisulfo II e re come Carlo Magno, papi quali Gregorio II e Stefano IX e abati come Bertario e Desiderio. Invaso dai longobardi (nel 577) e dai saraceni (nel 883), sventrato dal terremoto del 1349, raso al suolo dagli alleati nel 1944, oggi il monastero si erge orgoglioso «dove era, come era». È la forza dello spirito.