SCOPERTE / Lo scheletro del bimbo di Pompei “svelerà” gli ultimi attimi della città sepolta dall’eruzione

Immagini: © Parco Archeologico di Pompei

POMPEI (NA) – Aveva tra i 7 e gli 8 anni ed è spirato, insieme ad altre centinaia di pompeiani, durante la tremenda eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che ha distrutto oltre a Pompei anche Ercolano e Stabia, imprimendosi nella memoria collettiva come una delle più impressionanti (e ben documentate) catastrofi della storia antica. Oggi, dopo quasi duemila anni di distanza, il piccolo scheletro del bambino rinvenuto nei giorni scorsi nell’area delle Terme Centrali sarà analizzato dagli specialisti del Laboratorio di Ricerche Applicate del Parco Archeologico di Pompei, i quali effettueranno un primo screening della stato di salute della giovane vittima, per poi indirizzare le successive indagini esterne sul DNA.

Lo scheletro è stato scoperto durante la pulizia e il restauro di un ambiente di ingresso. Al di sotto di uno strato di circa 10 centimetri è affiorato prima il piccolo cranio e in un secondo momento le ossa, disposte in maniera raccolta, che hanno permesso di formulare le prime ipotesi circa l’età del fanciullo che, in fuga dall’eruzione, aveva trovato ricovero nelle Terme Centrali.  Lo scheletro è stato subito rimosso con estrema cura e trasferito al Laboratorio di Ricerche Applicate del Parco Archeologico, ora incaricato di svolgere gli esami. La peculiarità del ritrovamento è che lo scheletro è immerso nel flusso piroclastico (mix di gas e materiale vulcanico). Normalmente nella stratigrafia dell’eruzione del 79 d.C. è presente nel livello più basso il lapillo e poi la cenere che sigilla tutto. In questo caso si doveva trattare di un ambiente chiuso dove il lapillo non è riuscito ad entrare né a provocare il crollo dei tetti, mentre è penetrato direttamente il flusso piroclastico dalle finestre, nella fase finale dell’eruzione.

 

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La prima fase di studio avrà come oggetto le analisi metriche, morfologiche e dei markers di stress scheletrici, ovvero di misurazioni delle ossa e valutazioni di impronte muscolari sulle scheletro, queste ultime utili a valutare se ci sono tracce di eventuali attività fisiche (trasporto pesi, deambulazione ecc.).

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Incrociando la misura della lunghezza delle ossa con le analisi dello sviluppo dentario sarà possibile determinare con maggiore precisione l’età del bambino, al momento stabilita tra i 7 e gli 8 anni. Ulteriori informazioni potranno riguardare eventuali patologie rilevabili, considerato che non tutte le malattie sono identificabili sulle ossa. Non sarà invece possibile in questa fase stabilire il sesso dell’individuo, in quanto i caratteri di dimorfismo tipicamente maschili o femminili non son ancora definiti in età infantile. Tali determinazioni saranno possibili solo in un eventuale seconda fase di analisi sul DNA, qualora si presenti in un buono stato di conservazione.

Lo scheletro è stato rinvenuto pressoché completo ad eccezione di una porzione del torace destro, della mandibola e di parte degli arti superiori e di arti inferiori e non appaiono lesioni dovute alle intercettazioni ottocentesche.
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“Le indagini sui resti della piccola vittima delle Terme Centrali – dichiara il responsabile del Laboratorio di Ricerche Applicate, Alberta Martellone – saranno fondamentali per ricostruire la composizione e lo stato di salute degli abitanti di Pompei nel 79 d.C. I risultati che ne deriveranno potranno fornire un ulteriore contributo alla conoscenza della storia della città prima che l’evento eruttivo del 79 d.C. la cristallizzasse”. Normalmente i dati antropologici che ci pervengono dalla storia sono relativi a individui, deceduti per morte naturale e ritrovati nelle sepolture delle necropoli. Nel caso unico di Pompei ci troviamo di fronte, invece, a resti umani di individui nel pieno della loro vitalità, morti  a causa di calamità naturali, quali l’eruzione. Le analisi su tali resti consentono di aprire uno spaccato sulla popolazione vivente dell’epoca, che in nessun altra situazione sarebbe stato possibile.”
Nella fase di rinvenimento, oltre all’antropologa hanno contribuito allo studio della giacitura del reperto anche esperti vulcanologi e geologi, allo scopo di determinare le fasi stratigrafiche e le dinamiche di seppellimento. Le analisi del DNA saranno condotte a breve grazie alla collaborazione del dipartimento-di-medicina-molecolare-e-biotecnologie-mediche della Federico II.

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