SCOPERTE / Nella Cattedrale di Siena spunta un nuovo affresco del Trecento [FOTO]

SIENA, 22 maggio 2019 – Gli interventi di regolare controllo e di pronto intervento sulle strutture e sugli antichi manufatti artistici ripagano sempre, perché consentono di prevenire catastrofi, permettono di attuare restauri migliorativi e persino di fare nuove scoperte. E’ quello che è successo nel Duomo di Siena, dove rimuovendo una pala d’altare della navata destra, è riaffiorato un grande frammento di affresco tardomedievale, probabilmente attribuibile a Paolo di Giovanni Fei (Siena, noto dal 1369 – morto nel 1411), uno dei maggiori pittori del tempo.  Il lacerto si trova sul muro dietro la pala barocca dello Sposalizio mistico di Santa Caterina da Siena, opera del fiorentino Pietro Dandini (Firenze, 1646-1712) ed esposta sopra l’altare del cardinale e arcivescovo Celio Piccolomini (Siena, 1609-1681). Quando l’opera fu collocata, nel 1679, l’altare cambiò titolazione: in precedenza era  infatti dedicato a Sant’Antonio abate.

 “Nonostante la consunzione della malta – racconta il prof. Alessandro Bagnoli  – sono ancora visibili alcuni busti di sante, tutte provviste di aureola dorata e tempestata di decori a stampo. Si tratta di un’antica figurazione dipinta sul fondale della cappella tardomedievale, a fare da ornamento a un trittico su tavola posto sull’altare. Di questo allestimento esiste una preziosa testimonianza raffigurata da Pietro di Francesco Orioli sulla copertina della Gabella del 1483 (oggi all’archivio di Stato di Siena), sulla quale si volle far dipingere l’omaggio delle chiavi della città alla venerata immagine della Madonna delle Grazie”. Se l’esistenza di questo insolito documento visivo fa tornare indietro nel tempo ad assistere a quella importante celebrazione votiva, la conservazione di tanti documenti cartacei nel grande archivio dell’Opera del Duomo permette addirittura di recuperare il nome dell’artista che affrescò il fondale della cappella al tempo dedicata a Sant’Antonio abate. “Il 6 aprile 1400 – spiega ancora Bagnoli – Paolo di Giovanni Fei fu pagato ben 15 fiorini d’oro “per chagione di cierto lavorio che fecie a la cappella di sant’Antonio in duomo, cioè, di dipintura, per oro e azurro, e ogni altra sua spesa”. Quanto resta dei volti delle sante riscoperte permette ancora di riconoscere la maniera gentile e vera di Paolo di Giovanni Fei (Siena, noto dal 1369 – morto nel 1411), artista che seppe recuperare la lezione dei grandi maestri del primo Trecento traghettando la scuola senese verso la vitale stagione del tardogotico”.

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Il lacerto di affresco scoperto nel Duomo di Siena

I lavori di restauro in corso in questi  giorni nella cattedrale senese riguardano anche un’altra pala d’altare della navata destra, quella con l’Estasi di San Francesco di Sales, dipinta dal senese Raffaello Vanni (Siena, 1595-1673). In entrambi i casi – spiega Bagnoli – l’operazione   consentirà di restaurare le monumentali strutture architettoniche, che mostrano una gran sofferenza strutturale per le infiltrazioni di acqua dalle coperture durate troppo a lungo nei secoli, ma di recente arrestate dai debiti interventi di bonifica.  Contemporaneamente al lavoro di carattere edile e di pulitura dei variegati marmi policromi degli altari, potrà essere fatto anche il necessario intervento sulle tele, che appaiono sostanzialmente bene conservate, ma coperte da molta sporcizia e velate da una vernice ormai troppo ingiallita, che può risalire all’intervento generale di restauro attuato all’aprirsi dell’Ottocento, per porre rimedio ai guasti apportati dal terremoto del 1798.  Si potrà così tornare a vedere la chiara tavolozza che il Vanni predilesse per il suo dipinto. “Con una vorticosa composizione – chiosa Bagnoli – il pittore immaginò una mistica apparizione della Vergine a San Francesco di Sales, il famoso predicatore e vescovo di Ginevra, che era riuscito a riportare nel seno della chiesa cattolica tanti calvinisti di quella città. Fu papa Alessandro VII Chigi a volere questa raffigurazione, per dimostrare la venerazione verso Francesco di Sales, da lui fatto beato nel 1661 e poi canonizzato nel 1665. L’altare porta infatti lo stemma del papa e quello del cardinal nipote Flavio Chigi, che fece terminare l’impresa di questa cappella”.