
ESTE (PD), 15 ottobre 2019 – Un’archeologa e un’esperta di storia della farmacia insieme per andare alla radice di leggende, storie, tradizioni. Per dare un preciso senso a ciò che sembra favola, riconducendo alla scienza ciò che si ritiene puro frutto della fantasia popolare. “Veleni e magiche pozioni. Grandi storie di cure e delitti”, che apre al pubblico il 19 ottobre 2019 presso il Museo Nazionale Atestino di Este (Padova), propone (fino al 2 febbraio 2020) un intrigante excursus storico tra magia e scienza. Se già nel Paleolitico, migliaia di anni fa, gli uomini sapevano cercare sostanze utili alla migliore sopravvivenza, occorre giungere a Paracelso, quindi al primo ‘500, per definire il concetto del dosaggio, elemento che può fare di un farmaco un veleno o viceversa. E non è un caso se ancora oggi il simbolo dei farmacisti sia il caduceo, bastone alato con due serpenti che rappresentano l’uno la dose terapeutica, il secondo quella tossica, il veleno.

TANTE CURIOSITA’ – La mostra è una miniera di scoperte e curiosità. Si scopre ad esempio che il vasto uso di ocra nel Paleolitico dipendeva anche dalle proprietà antisettiche della sostanza. Veniamo a conoscere già allora ci si curasse il mal di denti con la propoli, mentre risalgono al Neolitico le prime evidenze dell’uso dell’oppio nell’Europa continentale.
Nell’ambito dei prodotti salutistici l’interesse scientifico, alla ricerca di nuovi rimedi sia in campo farmacologico che cosmetico, si è lentamente spostato dal regno vegetale verso quello animale con una crescente attenzione verso veleni e tossine, in particolar modo di insetti, rettili e anfibi. Lo studio di veleni di fonte animale, vegetale e minerale può parallelamente spiegare scientificamente la nascita di miti e leggende: dai fabbri dell’antichità, sottoposti ai fumi velenosi emessi dalla fusione e forse per questo deformi o ipovedenti, al mito di Medusa, alle streghe di età medievale-moderna, che si alimentavano di farine di graminacee infestate da Segale cornuta, Claviceps purpurea, un fungo ricco di alcaloidi con effetti allucinogeni (l’acido lisergico è precursore dell’LSD). Intossicazioni scambiate con possessioni demoniache.
Grandi storie di cure, ma anche di delitti. Fu la digitale, che ha dato vita in tempi moderni a farmaci del cuore, ad essere fatale nel 1329 a Cangrande della Scala: delitto volontario o errore nell’assunzione di una sostanza tossica?

Nelle vetrine, accanto a rarissimi reperti archeologici, trovano spazio confezioni storiche di veleni e farmaci; importanti dipinti con immagini di magie si affiancano ad affiches storiche che pubblicizzano portentosi unguenti e medicamenti. Rare edizioni e manoscritti trattano argomenti strettamente connessi: dalla magia, vista da diversi profili, alla dottrina esoterica, ermetica e alchemica occidentale, protagoniste spesso le streghe “lamiae”, temute artefici di pozioni magiche e, al contempo, vittime della superstizione e delle persecuzioni dell’Inquisizione, che si avvaleva di compendi e manuali repressivi anch’essi esposti in mostra. Di particolare rilievo la sezione con materiali provenienti dal Giappone che raccontano, in ottica diversa, una storia comunque analoga.

“Nostro obiettivo è – ribadiscono le curatrici Federica Gonzato e Chiara Beatrice Vicentini – proporre al pubblico prospettive ed approcci diversi all’affascinante mondo dei veleni e della storia della farmacopea, in riferimento alle varie epoche storiche, dall’antichità, lungo il medioevo e il rinascimento fino all’età odierna, ricostruendo il percorso di questo fondamentale aspetto della vita sociale attraverso le fonti scritte, la arti visive, fonti classiche e letteratura moderna, proponendo in mostra oggetti e riferimenti demoetnoantropologici che si legano strettamente alla storia del nostro quotidiano”.
“Veleni e magiche pozioni. Grandi storie di cure e delitti” è congiuntamente proposta dal Polo Museale del Veneto – Museo Nazionale Atestino, dall’Università degli Studi di Ferrara e dalla città di Este e si avvale della collaborazione di: Accademia dei Concordi, Accademia Italiana di Storia della Farmacia, Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara, Centro Studi Etnografici “Vittorino Vicentini”, Collezione Cerato, Comune di Este, Fondazione CariVerona, Galleria Franchetti alla Cà d’Oro – Venezia, Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie – Master in Scienza e Tecnologia Cosmetiche Università di Ferrara, Museo Archeologico di Venezia, Museo Archeologico Nazionale di Adria, Museo Nazionale della Collezione Salce Treviso, Museo Orientale di Venezia, Musei Civici di Verona – Museo di Storia Naturale e Castelvecchio, Musei Civici di Trieste – Museo della Antichità Winckelman, Sistema Bibliotecario di Ateneo dell’Università di Ferrara, Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Ferrara, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo Vicenza, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno Padova e Treviso.
L’esposizione rimarrà aperta fino a domenica 2 febbraio 2020 e sarà visitabile nei seguenti orari: lunedì-sabato: 9.00-13.00/14.30-19.30 (ultimo ingresso ore 19.00); domenica: 14.30-19.30 (ultimo ingresso ore 19.00)