La copia della mummia del faraone Ramses II

ARCHEOMOSTRE / A tu per tu con Ramses II: a Roma riprodotta la mummia del “faraone immortale”

Esposta a Roma la riproduzione tridimensionale in scala 1:1 della mummia del celebre faraone Ramses II, realizzata con una tecnica sperimentale avveniristica che ha comportato la ricostruzione della pelle con materiale organico. È la prima volta che una mummia viene riprodotta con materiali organici biocompatibili.


Tra i più noti e celebrati faraoni dell’Egitto, Ramses II è anche uno dei quali conosciamo il vero volto. Era il luglio del 1881 quando la sua mummia fu rinvenuta, insieme a una cinquantina di altre, non già nel suo originario sepolcro – la monumentale tomba KV7 della Valle dei Re -, bensì nel nascondiglio reale a Deir el-Bahari, dove durante la XX Dinastia era stata traslata per metterla al riparo, insieme ad altre, dai continui saccheggi. Non era stata, quella, la prima volta che la salma del sovrano aveva dovuto “migrare”: già nel 1090 a.C. i sacerdoti di Tebe avevano provveduto a spostarla all’interno della tomba di suo padre Seti I, più facilmente sorvegliabile; ma quando anche questa era stata depredata – e la stessa salma di Ramses II era stata spogliata e profanata -, nel 1060 a.C. il Sommo sacerdote di Amon, Pinedjem I, la fece restaurare e traslare nel sarcofago appartenuto al nonno Ramses I (1292-1290 a.C.). La bara fu quindi collocata definitivamente nel “nascondiglio” (DB320) di Deir el-Bahari, vicino al Tempio funerario di Hatshepsut: una stretta cripta lunga 8 metri introdotta da due corridoi di 7 e 60 metri e, prima ancora, da un pozzo verticale profondo 12 metri. E qui rimase indisturbata per i ventotto secoli successivi fino alla sua scoperta, nel 1881, da parte dell’archeologo tedesco Émile Brugsch e di Ahmad Kamal Effendi, nell’ambito di alcune indagini su alcuni ricettatori di antichità egizie attivi all’epoca. A svelarne l’identità fu, nel 1886, il Direttore del Service de Conservation des Antiquités de l’Égypte, Gaston Maspero, che sbendò la mummia durante il riallestimento del Museo Bulaq: liberando il corpo ritrovò il documento che narrava degli spostamenti subiti da corpo, consentendone l’identificazione definitiva con Ramses II, il “faraone dei faraoni”, uno dei più importanti sovrani dell’antichità.

La mummia di Ramses II, sbendata, in una fotografia del 1912. (Wikimedia Commons)

Esposta nella Sala delle Mummie del nuovo Museo di piazza Tahrir nel 1902, la mummia iniziò però subito a deteriorarsi. Lo scrittore francese Pierre Loti, che visitò l’attuale Museo del Cairo nel 1907, scrisse inorridito che «un giorno, d’improvviso, con un gesto brusco, in mezzo ai guardiani che fuggivano urlando di paura ha alzato la mano che è ancora levata e non ha voluto più abbassarsi. Poco dopo, fra i capelli di un bianco giallastro e sulle membra è comparsa una fauna cadaverica formicolante, che ha richiesto un bagno completo al mercurio».

La mummia fu quindi tolta dall’esposizione e rimase celata fino al 1936, quando il nuovo Direttore delle Antichità, Étienne Drioton, trovando il sarcofago con il corpo del faraone nella casa del suo predecessore, lo riportò nel museo, dove rimase in una sala chiusa al pubblico per altri quarant’anni.

Profilo della mummia di Ramses II, in una fotografia del 1889. (Wikimedia Commons)

Nel 1975 la mummia di Ramses fu nuovamente resa accessibile ai visitatori, ma anche stavolta lo stato di conservazione della mummia degenerò nel giro di pochi mesi. Fu così che, grazie all’interessamento dell’egittologa Christiane Desroches Noblecourt, fu portata a Parigi per essere restaurata. Il viaggio del corpo di Ramses imbalsamato e bendato il 26 settembre del 1976 rimase storico: alla salma faraonica furono tributati gli onori di un capo di Stato (con tanto di “passaporto”, si disse: in realtà era “solo” un ampio dossier di carattere tecnico-amministrativo).

La salma fu ricoverata al Musée de l’Homme, dove rimase per sette mesi sotto le cure di ben 110 specialisti, collaboratori e ricercatori i quali la sottoposero ad approfondite analisi, scoprendo tra le altre cose che il faraone da vivo era alto 185 centimetri, morì tra gli 85 e i 90 anni di età ed era di pelle chiara, simile a quella dei berberi africani. Sottoposta ad un intervento di sterilizzazione tramite raggi gamma, la mummia di Ramses poté finalmente tornare in patria e prendere dimora nel Museo del Cairo. Infine, il 3 aprile 2021, la mummia è stata traslata con tutti gli onori dal vecchio Museo Egizio al nuovo NMEC, il Museo nazionale della Civiltà egizia, dove è esposta tuttora in attesa dell’apertura del GEM, Grand Egyptian Museum del Cairo, prevista per il 2023.

Rilievo in pietra calcarea dipinto raffigurante Ramses II che sottomette i nemici, da Menfi.

Chi volesse vedere il sovrano “da vicino” senza andare al Cairo può, in questi mesi, approfittare di un’occasione unica. La mummia è infatti stata riprodotta in forma tridimensionale e in scala 1:1 con una tecnica sperimentale avveniristica, che ha comportato la ricostruzione della pelle del faraone con materiale organico, ed è esposta fino al 14 giugno 2023 in una mostra in due sedi organizzata nell’ambito del progetto “SAPeri&Antichità” promosso dal Centro SAPeri&Co, infrastruttura di ricerca e servizi della Sapienza Università di Roma nata per promuovere l’eccellenza nella ricerca applicata dell’Ateneo e per offrire servizi dedicati ad aziende ed enti esterni. L’obiettivo della mostra è di permettere ai visitatori, soprattutto quelli delle scuole, di toccare fisicamente la mummia riprodotta, favorendone la conoscenza diretta.

Un momento del processo di modellazione con argilla degli elementi della mummia del faraone Ramses II.

La replica, perfettamente corrispondente all’originale, è esposta nel Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo, ubicato all’interno della sala Piacentiniana nell’edificio del Rettorato della Sapienza: questa sezione espositiva permette ai visitatori di conoscere, attraverso un percorso arricchito da contenuti multimediali e multisensoriali (inclusi i profumi dell’imbalsamazione) e di ricostruzioni 3D, le principali imprese di uno dei più importanti sovrani dell’antico Egitto. Presso la sede del Centro SAPeri&Co, nella palazzina ex-Tumminelli, sarà invece possibile approfondire le tecniche scientifiche utilizzate per la fabbricazione della copia, realizzata dall’università La Sapienza di Roma in materiali eco-compatibili dopo oltre un anno di sperimentazione.

Ramses II, il “faraone dei faraoni”

La copia della mummia del faraone Ramses II.

Ramses II, terzo faraone della XIX dinastia, regnò dal 1279 a.C. al 1213/1212 a.C. Fu promotore di mirabili opere architettoniche, tra cui il vasto complesso funerario di Tebe noto come Ramesseum, i templi di Abu Simbel, la sala di Karnak, il complesso di Abido e centinaia di altri edifici, monumenti e templi, che riflettono la sua concezione dell’Egitto come grande nazione e di sé stesso come “re dei re”. Di conseguenza fu tenuto a lungo nella massima considerazione dagli Egizi, i quali lo soprannominarono Ramses il Grande, e il suo regno, durato 67 anni, è considerato come la massima espressione della potenza e della gloria dell’Egitto. Fondò una nuova capitale, Pi–Ramses (“Dimora di Ramses”), nel delta del Nilo. Combatté a nord contro gli Ittiti e a sud contro i Nubiani, assicurando il predominio dell’Egitto sulla Nubia e i suoi giacimenti auriferi. Morì all’età, sorprendente per la sua epoca, di novant’anni e fu sepolto in una grande tomba ipogea della Valle dei Re, la KV7.

La copia della mummia del faraone Ramses II
La copia della mummia del faraone Ramses II (sotto) e in alto, la mummia originale

Una mostra di grande impatto

Entrando nella sezione egiziana del Museo, il visitatore viene dunque condotto direttamente all’interno della camera funeraria del faraone dove, oltre alla mummia, può toccare e sentire i profumi delle sostanze usate per la mummificazione ed esplorare la tomba monumentale scavata nella pietra grazie a un plastico ricostruttivo. Un focus è dedicato alla regina Tuya, madre di Ramses II, di cui il museo possiede un calco in gesso di un busto originale conservato ai Musei Vaticani.

Stele AE INV5091 conservata presso il Kunsthistorisches Museum Wien, Ramesse II e sua madre Tuya presentano offerte al dio in trono Osiride. Il re indossa la corona blu e nelle sue mani tiene una ciotola di incenso e una brocca. Tuya reca nella destra un vaso per libagioni e nella sinistra un sistro. Sopra il re è un disco solare. L’iscrizione include i nomi del re, di sua madre e del dio.


La sezione allestita al Centro SAPeri&Co. permette di approfondire le tecniche utilizzate per la riproduzione della mummia, il cui prototipo è stato modellato digitalmente da zero utilizzando la più recente foto della salma come riferimento. Il modello 3D così ottenuto è stato quindi sezionato in diverse parti e riprodotto con le tecnologie di volta in volta più appropriate: la stampa 3D per il volto e le estremità degli arti, più dettagliati, la fresatura di pannelli in polistirolo per il resto. Gli elementi stampati in 3D sono stati quindi modellati a mano con uno strato di argilla per riprodurre i dettagli anatomici, e infine rivestiti con uno strato di nanocellulosa batterica, materiale biofabbricato risultante dal processo di fermentazione di una coltura simbiotica di batteri e lieviti. “Le caratteristiche della nanocellulosa – spiegano gli esperti della Sapienza – la rendono infatti particolarmente adatta a riprodurre da un punto di vista tattile, visivo e olfattivo le qualità della pelle mummificata”.

La copia in fase di realizzazione

Una sezione a parte, infine, è interamente dedicata alla Battaglia di Qadesh (1274 a.C.), quando le armate del faraone cercarono di riconquistare gli stati settentrionali di Qadesh e Amurru finiti sotto il controllo degli Ittiti. La battaglia non fu decisiva e sia Ramses II che il re ittita Muwatalli II (1310-1272 a.C.) la presentarono come una vittoria. Dopo alcuni anni, le aree di influenza tra i due imperi, egiziano ed ittita, furono stabilite dal trattato di pace (1259 a.C.) siglato dallo stesso Ramses e da Hattusili III (1265-1237 a.C.; il fratello di Muwatalli divenuto re). Principesse ittite furono inviate alla corte egizia e viceversa. Le vicende complesse dello scontro epocale sono illustrate da plastici ricostruttivi e dal racconto dei protagonisti, che rendono possibile immergersi in un tempo in cui i confini tra vita, guerra, morte e pace si confondono.

Ramses II sul carro di battaglia in un bassorilievo raffigurante la Battaglia di Qadesh, sul pilone del tempio di Abu Simbel

Le foto: la mummia in 3D di Ramses II



INFORMAZIONI

La mummia di Ramses. Il faraone immortale
Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo, Università degli Studi di Roma «La Sapienza» (Palazzo del Rettorato, Sala Piacentiniana del Museo VOEM) – Centro “SAPeri&Co”, Università degli Studi di Roma «La Sapienza» (palazzina ex-Tumminelli)
dal 9 febbraio al 14 giugno 2023
Info: Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo

©STORIE & ARCHEOSTORIE. RIPRODUZIONE RISERVATA.

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