Il progetto “Che Delizia Belfiore!”, voluto dalla Soprintendenza e sostenuto dal Comune di Ferrara, sta riportando alla luce l’antica residenza monumentale voluta alla fine del Trecento da Alberto V d’Este e andata distrutta in un incendio nel 1632. Protagonisti degli scavi sono gli studenti, in uno straordinario progetto di archeologia partecipata che recupera sei secoli…

Un viaggio a ritroso nel tempo dai giorni nostri al XIV secolo, all’origine della delizia estense di Belfiore, una delle più rappresentative residenze monumentali volute dagli Este e scomparsa a seguito di un incendio nel 1632. A condurre i visitatori in questo percorso storico, nell’area tra via Orlando Furioso e via Giacomo Leopardi, sono stati, il 19 novembre, gli archeologi Maurizio Molinari, Flavia Amato e Marco Bruni, mostrando al pubblico, nella prima giornata di scavi aperti, i reperti riconducibili all’antica residenza monumentale estense e le novità emerse dai lavori e dagli studi. Lavori e studi sono condotti dai giovani dei licei ferraresi Roiti e Ariosto e dai volontari del GAF (Gruppo archeologico ferrarese) – guidati dai professionisti – in un progetto di archeologia partecipata dal titolo “Che Delizia Belfiore!” che sta coinvolgendo circa un centinaio di persone.

Il progetto, inaugurato dal sindaco Alan Fabbri il 20 ottobre, nasce per iniziativa della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara – rappresentata dalla dottoressa Chiara Guarnieri – con il contributo (triennale) del Comune di Ferrara, che a tal fine ha già stanziato 37.500 euro. Al progetto partecipano inoltre la Provincia di Ferrara, che garantisce le autorizzazioni agli scavi su suolo di proprietà e il proprio patrocinio, e il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, che ha realizzato le recinzioni dell’area.
Villa di delizie
La Delizia, scomparsa da secoli, si trovava in corrispondenza dell’ultimo tratto di corso Ercole I d’Este, a nord ovest della città e a breve distanza dalla chiesa, anch’essa oggi non più esistente, di Santa Maria degli Angeli. Venne edificata verso la fine del XIV secolo da Bartolino da Novara per volere di Alberto V d’Este e utilizzata a lungo da Leonello (che la impreziosì con il suo famoso studiolo di Belfiore) e poi dal successore, Borso. Ercole I la circondò con una cinta muraria per rendervi più sicuro e riservato il soggiorno. L’ubicazione della Delizia, abbellita da artisti quali Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti, era fuori dalle mura cittadine, circondata da vegetazione e giardini; più a nord, in seguito, sarebbe stato ampliato ed arricchito il parco del Barco, riserva di caccia e luogo di svago per i nobili della casata e per i loro ospiti.

Durante la guerra con la Serenissima, nel 1493, la Delizia venne occupata e fortemente danneggiata. I veneziani in alcune occasioni durante il conflitto si spinsero molto vicini alle Mura di Ferrara, che in quel periodo si trovavano più a nord, in corrispondenza del Castello Estense, ed occuparono anche la chiesa di Santa Maria degli Angeli ed il complesso della Certosa, un convento dove Borso aveva fatto costruire anche una sua palazzina. La residenza fu infine quasi completamente distrutta da un incendio nel 1632, evento che ne decretò la scomparsa dalla storia.

Studenti protagonisti
Il progetto “Che Delizia Belfiore!” è stato avviato, nella sua fase preliminare, nel giugno scorso quando un team internazionale composto dagli studiosi Cornelius Meyer (Germania), Pedro Gonçalves (Portogallo), Roger Sala e Pedro Rodriguez (Spagna) hanno ricostruito con il magnetometro e il georadar la planimetria dell’area, confrontandola con quella di antiche carte. Come hanno spiegato i tecnici, l’indagine con magnetometro realizza una prima ricostruzione del sottosuolo ‘leggendo’ le anomalie del campo magnetico. Ogni fase di questa operazione – condotta con una struttura tubolare mobile, a cui sono collegate sette sonde – è geomappata per avere l’esatta posizione di ogni possibile ritrovamento. Il georadar – noto anche come GPR (ground penetrating radar) -, utilizzato a seguito dell’indagine geomagnetica, utilizza onde immesse nel sottosuolo che, rimbalzando, restituiscono una ‘mappa’ degli elementi che si ‘incontrano’ in uno strato – sotto la superficie – di circa un metro e mezzo: muri, fossati, buche di palo, strutture temporanee, corsi fluviali, sedimenti stratificati: dalla risposta dello strumento si possono avere prime indicazioni attorno a questo tipo di elementi. Utilizzando le due tipologie di indagine si ottengono risultati integrati sia per l’interpretazione sia per la profondità delle strutture presenti nel sottosuolo.

Sono però, e saranno, gli studenti – coordinati da Soprintendenza e archeologi professionisti – ad esaminare materialmente e catalogare i reperti già rinvenuti negli scavi di via Orlando Furioso in questo straordinario progetto di archeologia partecipata. L’analisi di quanto ritrovato condotta dagli studenti prevede diverse fasi (lavaggio, siglatura, disegno, fotografia, descrizione) e riguarda, ad oggi, soprattutto ceramiche, monete risalenti al periodo pontificio e antichi frammenti di pavimenti e di laterizio annerito che riconducono agli indizi di un incendio. In base alle ultime ipotesi potrebbe trattarsi anche di testimonianze della, cosiddetta, guerra di Ferrara o guerra del sale, quando cioè la Repubblica di Venezia dichiarò guerra a Ferrara (1482), a quel tempo retta da Ercole I d’Este. Al centro del conflitto, appunto, la supremazia per il commercio del sale, che la città estense aveva iniziato a raccogliere nei pressi di Comacchio. Belfiore all’epoca era fuori dalle mura, le incursioni dei veneziani avevano infatti in parte distrutto la delizia (e non solo), delizia subito rimessa a nuovo da Ercole I d’Este che fece costruire poi le mura, proprio a difesa degli attacchi veneziani da Nord.

Protagonisti dell’approfondimento anche di queste tematiche sono, in queste settimane, ragazze e ragazzi del liceo Roiti, mentre gli studenti dell’Ariosto da tre settimane operano sul campo, nell’area dell’antica delizia, di circa un ettaro e mezzo, a nord ovest dell’ultimo tratto di corso Ercole I d’Este. A primavera, quando è prevista la seconda campagna di scavi, gli alunni si ‘daranno il cambio’: i giovani dell’Ariosto studieranno i reperti in classe, mentre quelli del Roiti scaveranno all’interno del perimetro dell’antica residenza estense.
Gli studenti, oltre agli scavi, hanno realizzato anche il disegno della stratigrafia e le planimetrie che riproducono le singole quote dello scavo, registrando il dettaglio dei ritrovamenti e il loro posizionamento su carta millimetrata. Dal piano strada all’ultima sezione di scavo ci sono circa 600 anni di storia.
Le visite guidate aperte al pubblico continueranno nelle prossime settimane – dalle 11:00 e fino alle 16:00 a turni di mezz’ora – con gli archeologi che condurranno cittadini, visitatori, appassionati e chiunque lo voglia alla scoperta di questo sito, che regala uno spaccato della storia cittadina lungo sei secoli. Per informazioni: www.comune.fe.it
Fonte: Comune di Ferrara
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