La campagna di questi giorni ha riportato alla luce altri due rostri in bronzo delle navi impegnate nel 241 a.C. nella battaglia conclusiva della prima guerra punica. Recuperati 15 elmi del tipo Montefortino, 20 paragnatidi (protezioni per le guance e il viso dei soldati a corredo degli elmi), una spada, un centinaio di monete in bronzo e, per la prima volta in oltre vent’anni di ricerche, 7 monete in argento.
Nuovi ritrovamenti archeologici nel mare di Levanzo (Trapani), dove nel 241 a.C. la flotta cartaginese e quella romana si scontrarono, a nord-ovest dell’isola, nella decisiva battaglia delle Egadi, che segnò la fine alla prima guerra punica. La campagna di ricerche che si sta svolgendo in questi giorni ha consentito il recupero di due rostri in bronzo denominati “Egadi 26” e “Egadi 27”. Sono stati individuati su un fondale di circa 80 metri e recuperati con l’ausilio della nave da ricerca “Hercules” che negli anni ha permesso, grazie alle sofisticate strumentazioni presenti a bordo, l’individuazione e il recupero di numerosi reperti riguardanti l’importante episodio storico del III secolo a.C.
In particolare, in quest’ultima campagna, i subacquei hanno recuperato 15 elmi del tipo Montefortino, 20 paragnatidi (le protezioni per le guance e il viso dei soldati a corredo degli elmi), una spada, un centinaio di monete in bronzo e, per la prima volta in oltre vent’anni di ricerche, 7 monete in argento. Tutti i reperti sono stati trasferiti presso il laboratorio di primo intervento allestito presso l’ex Stabilimento Florio di Favignana e sono già al vaglio degli archeologi della Soprintendenza del mare. Le attività di ricerca nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana sono condotte da un team formato dalla Soprintendenza del mare della Regione Siciliana, dalla statunitense RPM Nautical Foundation e dalla SDSS – The Society for Documentation of Submerged Sites.
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«I fondali delle Egadi – dice l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato – si confermano ancora una volta uno scrigno prezioso di informazioni per comprendere lo scontro navale tra romani e cartaginesi. La scoperta di Sebastiano Tusa continua ancora oggi a ricevere conferme sempre più importanti, avvalorando l’intuizione dell’archeologo prematuramente scomparso nel 2019 che aveva consentito l’individuazione del teatro della battaglia che sancì il dominio dei Romani sul Mediterraneo».
I rostri ritrovati a partire dai primi anni del Duemila sono finora 24: si tratta di micidiali “armi di distruzione” che, applicate sulla prua delle navi da guerra, consentivano lo speronamento delle navi nemiche e il loro conseguente affondamento. Negli ultimi 20 anni sono stati individuati anche 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, 2 spade, alcune monete e un considerevole numero di anfore.
Da alcuni anni, alle ricerche puramente strumentali condotte in collaborazione con la RPM, sono state affiancate le ricerche con l’impiego dei subacquei altofondalisti della SDSS che hanno consentito, grazie alla specializzazione nelle ricerche in acque profonde, l’individuazione e il recupero di importanti reperti.
Fonte: Comunicato Regione Siciliana
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