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SCOPERTE / L’edificio romano di Fano potrebbe essere la famosa Basilica di Vitruvio?

Una scoperta eclatante, quella avvenuta nei giorni scorsi a Fano (PU): i resti dell’edificio pubblico di età romana potrebbero riferirsi alla famosa Basilica progettata da Vitruvio nel I secolo a.C. e da lui stesso citata nel suo trattato “De Architectura”.


Una scoperta davvero eclatante, quella avvenuta nei giorni scorsi a Fano (PU), dove in occasione di alcuni lavori edili nel pieno centro cittadino erano emersi i resti di un edificio pubblico di epoca romana che si affacciava sull’antico foro cittadino (ne avevamo dato notizia QUI). Sì, perché l’edificio, opulento e di ampie dimensioni, potrebbe essere nientemeno che la famosa Basilica progettata a Fanum Fortunae (elevata da Augusto a colonia romana col nome di Colonia Iulia Fanestris) dal celebre architetto e teorico romano Vitruvio, vissuto nella seconda metà del I secolo a.C., e da lui stesso indicata come esempio di edificio pubblico nel suo trattato “De Architectura”. Un grande capolavoro dell’antichità, insomma, di cui si era persa ogni traccia ormai da secoli.

La pavimentazione dell’edificio (foto: ©SABAP AN PU)

A suggerire l’affascinante ipotesi all’archeologa Ilaria Venanzoni, in forze alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Ancona e Pesaro Urbino, sono la posizione dell’edificio e le sue caratteristiche tipologiche. I resti del complesso, costituito da almeno 5 ambienti, affacciano infatti sul Foro – il caso vuole nell’attuale via Vitruvio -, luogo in cui nelle città romane sorgevano i più importanti edifici pubblici e religiosi tra cui le basiliche, edifici destinati a usi civili compresa l’amministrazione della giustizia. I muri, conservatisi in alzato per circa 2 metri, sono spessi 5 piedi romani (1,50 metri) e rivestiti in malta di calce e lastre di marmo. Di marmo colorato verde e rosa, probabilmente in cipollino verde e pavonazzetto, erano costituite anche le preziose pavimentazioni: si tratta di materiali importati dalla Grecia e dall’Asia Minore e perciò molto costosi. Anche un frammento di iscrizione su marmo, che riporta su due righe le lettere “V” e “I”, sembra alludere a una funzione pubblica: presenta infatti tracce di “rubricatura”, i solchi delle lettere erano cioè colorate in rosso, una caratteristica che dava risalto al testo scritto. L’orizzonte cronologico infine, l’età augustea (I secolo a.C. – I d.C.) e più precisamente alla fine del I secolo a.C., è assolutamente coerente con il contesto vitruviano.

Il frammento di iscrizione (foto: ©SABAP AN PU)

Un nuovo modello di basilica

Vitruvio descrive la basilica di Fano nel V libro (V,1) del “De Architectura”: dopo aver fornito ragguagli sui rapporti proporzionali di minima e di massima delle basiliche, ovvero 3:1 e 2:1 tra lunghezza e larghezza, l’architetto la propone come modello più aggiornato di questo canone. Un progetto architettonico che conosceva alla perfezione in quanto egli stesso, ci dice, era direttamente coinvolto come progettista e esecutore (“conlocavi curavique faciendam”). Sappiamo che la basilica, cui si accedeva dal lato lungo rivolto verso il Foro, era caratterizzata da una grande sala centrale rettangolare, delimitata ai quattro lati da 18 colonne di dimensioni imponenti – avevano un diametro di 5 piedi ed erano alte 50, compreso il capitello corinzio – e circondata da un portico dotato di galleria sopraelevata.

I marmi di pavimentazione della possibile basilica vitruviana (foto: ©SABAP AN PU)

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Vitruvio descrive inoltre la presenza di un’abside ad arco di cerchio innestata sul lato lungo dell’edificio, opposta all’ingresso, che racchiude il tribunal, da lui definito “aedes Augusti” (“tempio di Augusto”). Questo particolare è di enorme importanza nella storia dell’architettura in quanto per la prima volta delinea la “nuova” funzione di abside e tribunale, elementi cui viene demandata la funzione di evocare la figura imperiale. Rivoluzionando la configurazione e il significato dell’impianto basilicale tradizionale, Vitruvio si fa interprete delle epocali trasformazioni politiche in atto.

Ipotesi ricostruttiva di Cesare Cesariano, curatore nel 1521 della prima edizione in italiano del “De architectura” di Vitruvio. (foto: Wikimedia Commons)

Dopo la fine dell’impero, l’edificio riemerso a Fano continuò ad essere utilizzato, come testimoniano le tracce di strutture murarie, focolari e frammenti di ceramica invetriata riferibili ad almeno due fasi di vita in epoca medievale. Ma la sua storia non sarà facile da ricostruire integralmente. “I cinque ambienti finora documentati fanno pensare ad un edificio articolato” – ha spiegato Venanzoni all’agenzia ANSA -, ma una parte di esso si trova sotto le palazzine moderne e quindi “non sarà accessibile, altrimenti dovremmo abbattere tutto il centro di Fano”. In ogni caso, l’area dove sono emersi i resti sarà ora sottoposta a vincolo e la Soprintendenza ha reso noto di stare già cercando risorse per proseguire gli scavi e gli approfondimenti.

©STORIE & ARCHEOSTORIE. RIPRODUZIONE RISERVATA.

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