Le indagini archeologiche in corso sul colle del Castello di Udine hanno accertato che si tratta di una collina totalmente artificiale, realizzata in epoca pre-romana, probabilmente tra 3500 e 3000 anni fa, durante l’età del Bronzo. Quanto emerso sembra anche ricollegarsi alla leggenda popolare, secondo cui la collina era stata realizzata dai soldati di Attila nella metà del V secolo affinché egli potesse vedere l’incendio di Aquileia da loro conquistata. Nella tradizione popolare è rimasto quindi il ricordo ancestrale di un’opera artificiale antica, ma il passare dei secoli ne ha alterato la memoria.
di Redazione (foto: ©SABAP FVG)
Stanno portando a inaspettate conclusioni le indagini archeologiche sul colle del Castello di Udine, eseguite nell’ambito della progettazione commissionata dal Comune per la realizzazione di due ascensori per l’accesso al piazzale sommitale del colle: è stato accertato che si tratta di una collina totalmente artificiale, realizzata in epoca pre-romana, probabilmente tra 3500 e 3000 anni fa, durante l’età del Bronzo.

Un luogo ricco di storia
Frequentato dalla preistoria, il colle fu scelto per ospitare un castelliere con terrapieno difensivo (aggere) sin dall’età del bronzo finale. I primi documenti “ufficiali” relativi alla presenza di un castrum risalgono però al X secolo e precisamente all’anno 983, quando l’imperatore Ottone II ne fa dono al patriarca di Aquileia Rodoaldo (il documento non è però giunto in originale ma in copia pergamenacea del 1195). Di tale castello non si hanno purtroppo grandi riscontri in quanto il colle è stato oggetto di rimaneggiamenti corposi nei secoli seguenti; alcuni scavi condotti sotto il piano pavimentale dell’atrio hanno però riportato alla luce parte della vasta necropoli medievale, del muro di cinta duecentesco e la chiesa che si trovava a sud. In seguito è emerso che l’area del versante meridionale del colle, oggi a prato, era costellato di edifici privati nel Medioevo e forse anche prima: nell’area attualmente occupata dalla Casa della Confraternita, salendo verso l’attuale castello, gli archeologi hanno del resto riportato alla luce un cimitero altomedievale e le tracce di un’abitazione con annessa officina per la lavorazione del ferro, risalente all’epoca tardoantica, e la stessa chiesa di Santa Maria di Castello che sorge a fianco risale almeno all’età longobarda.
Elena Percivaldi, “Il Castello di Udine: un maniero per quattro musei”, in Elena Percivaldi e Mario Galloni, “35 castelli imperdibili del Friuli Venezia Giulia” (Edizioni del Capricorno, 2021), pp. 94-95.
Scavi rivelatori
La realizzazione di un sondaggio stratigrafico sul colle era stata avviata lo scorso anno quando, a seguito di indagini geofisiche preliminari eseguite dal dott. Sandro Veronese su prescrizione della Soprintendenza, si erano individuate strutture medievali e rinascimentali. Hanno fatto seguito nei mesi scorsi varie analisi archeologiche e geotecniche, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, e indagini geognostiche, tuttora in corso, volte ad analizzare in dettaglio gli aspetti stratigrafici, paleoambientali e cronologici. Tali indagini sono coordinate da Alessandro Fontana, professore di geomorfologia del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, in collaborazione con i Musei di Udine, nell’ambito del progetto “Archeologia Urbana a Udine”, voluto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Udine.
Le ricerche finora realizzate hanno documentato che gli strati e le argille che costituiscono il colle non sono disposti secondo una sequenza naturale, ma sono stati invece accumulati artificialmente e che il materiale di riporto proviene in larga parte dalla zona che ora corrisponde a Piazza I Maggio. Le nuove informazioni, unite alla re-interpretazione dei dati precedenti, dimostrano che il colle di Udine è quello che in linguaggio archeologico viene chiamato “mound”, ossia un rilievo costruito dall’uomo. Già nelle fasi iniziali il tumulo raggiungeva probabilmente quasi 30 m di altezza e aveva un volume superiore a 400.000 m3, presentando dimensioni comparabili a quelle odierne. La scoperta dunque è straordinaria, in quanto il colle artificiale di Udine costituisce un unicum, senza confronti in Italia ed è probabilmente il più grande di tutta Europa. Questa rivelazione rappresenta un significativo e inaspettato avanzamento riguardo le nostre conoscenze delle capacità progettuali e realizzative delle comunità protostoriche e apre significative prospettive nella ricerca sia in ambito nazionale che europeo.

Interessante è stato inoltre poter rilevare che la tecnica adottata per la realizzazione del tumulo è la medesima impiegata durante l’età del Bronzo e del Ferro nel resto della pianura friulana per edificare gli argini difensivi (aggeri) che proteggevano i villaggi fortificati chiamati “castellieri”. Tra il 1400 e il 950 a.C. Udine infatti era sede del più grande di questi castellieri friulani – un altro assai importante si trovava a Monrupino, poco sopra Trieste, ndr – , con un’estensione massima di quasi 20 ettari, e all’epoca era quindi il centro di riferimento principale.

Al momento rimane incerta la funzione di questa collina di enormi dimensioni, visibile da buona parte della pianura: indubbia è la sua monumentalità, a probabile celebrazione della grandezza della comunità protostorica locale. Le ricerche in corso stanno cercando di raccogliere informazioni utili a capire se potesse avere altre finalità oltre a quelle già individuate.
La leggenda di Attila nata su memorie ancestrali
Quanto emerso sembra anche ricollegarsi alla leggenda popolare, secondo cui la collina era stata realizzata dai soldati di Attila nella metà del V secolo d.C. affinché egli potesse vedere l’incendio di Aquileia da loro conquistata. Nella tradizione popolare è rimasto quindi il ricordo ancestrale di un’opera artificiale antica, ma il passare dei secoli ne ha alterato la memoria.
Questa scoperta scientifica rappresenta il frutto della solida collaborazione che nel corso degli ultimi anni si è instaurata fra la Soprintendenza ABAP FVG e il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, tramite la quale i geologi dell’università affiancano gli archeologi che si trovano a operare negli scavi di emergenza diretti dalla Soprintendenza. Attualmente, con un proprio finanziamento, la Soprintendenza sta proseguendo le ricerche tramite alcuni nuovi carotaggi profondi, che permetteranno di valutare definitivamente la vera entità del mound protostorico e che forniranno ulteriori dati per precisarne le eventuali differenti fasi costruttive e le attività che potevano venire effettuate sul colle in epoca antica. Si tratta di informazioni necessarie per svolgere al meglio la funzione di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico della città di Udine da parte della Soprintendenza.
Fonte: SABAP FVG / Elena Percivaldi e Mario Galloni, “35 castelli imperdibili del Friuli Venezia Giulia” (Edizioni del Capricorno, 2021).
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