NAPOLI – (di Cristiana Barandoni) – Inaugurata il 28 giugno scorso, la mostra “Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta” (visitabile al MANN di Napoli fino al 30 settembre 2018) è un vero e proprio viaggio indietro nel tempo, alla scoperta delle emozioni dei primi visitatori dei due celebri siti archeologici campani.
Artisti, archeologi in erba, avventurieri e tanti, tanti studiosi si commossero alla notizia della scoperta di Ercolano nel 1738 e a quella di Pompei dieci anni dopo. Da quei fatidici momenti nulla fu più come prima, e in Italia cominciò a farsi largo un binomio che connotò da quel momento un preciso orientamento di studi: l’archeologia vesuviana. Da metà Settecento ad oggi, il flusso di studiosi, intellettuali e turisti non si è mai arrestato, trasformando le due famose cittadine campane, sepolte dalla violenza dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., in mete d’eccellenza per conoscere da vicino particolari e aspetti, per la maggior parte sconosciuti all’epoca, della vita degli antichi Romani.

La mostra, allestita nel luminoso salone della Meridiana del MANN (fig. 1), ripercorre questi viaggi culturali offrendo allo spettatore odierno un punto di vista privilegiato: quello delle emozioni dei predecessori. Difatti, alcuni capolavori delle collezioni permanenti del Museo napoletano, come il bracciale d’oro a forma di serpente (fig. 2) proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei (VI 12,2) dialogano con le memorie scritte come acquerelli, incisioni, fotografie, disegni, vivide tracce lasciate ai posteri come ricordo delle straordinarie visite.

Gli oltre duecento oggetti in mostra contribuiscono a definire un percorso espositivo di alto rigore documentario: si tratta difatti di “un percorso in cui spiccano l’anello di re Carlo di Borbone, il taccuino con disegni acquerellati e annotazioni dell’inglese William Gell, il manoscritto inedito dell’abate Ferdinando Galiani sulle “Pitture antiche che si conservano nella Real Villa di Portici”, la prima raffigurazione dello scavo di Pompei del naturalista-botanico François de Paule Latapie, il corpus di tre piante di Pompei ed Ercolano dell’ingegnere svizzero Karl Jakob Weber”.
Furono, gli illustri visitatori, di certo la miglior strategia di comunicazione ante litteram: con i loro appunti, i loro schizzi e disegni, raccolsero sul momento fugaci emozioni, sentendo il bisogno di fermare gli attimi delle scoperte (fig. 3). E questo, la mostra, lo racconta magistralmente, scegliendo ad esempio di coniugare memoria e reperto archeologico: è il caso di alcune pitture ercolanensi le cui didascalie, oltre a riportare i dati di rito, si allargano ai ricordi degli scopritori antichi.

Come quelli di Roque Joaquín de Alcubierre nel 1738 scoprì Ercolano e fin da subito cercò di fissare le sue impressioni redigendo diari in continuo aggiornamento; le sue, come quelle di tutti coloro che si avvicendarono nei siti vesuviani, furono memorie che necessitavano di essere tramandate nel tempo, a memento di coloro i quali avrebbero, in un lontano futuro, solcato quelle antiche strade. Con i suoi diari Alcubierre ci accompagna per mano in un viaggio introspettivo, reso per immagini e descrizioni vivide e puntuali; in calce all’intonaco dipinto con coniglio (fig. 4), leggiamo: “10 pitture delle quali una rappresenta un coniglio che mangia quattro fichi che ha davanti”. Era il 16 novembre del 1785, la gola secca dall’emozione, la mano tremante per la meraviglia, Alcubierre* era ancora lì, dopo quasi 50 anni dalla scoperta, a documentare le meraviglie dal suolo di Ercolano.

Dunque, un vero e proprio viaggio delle e nelle meraviglie archeologiche, fotografiche e letterarie, reso possibile grazie alla collaborazione del Museo Archeologico Nazionale di Napoli con il centro culturale m.a.x. di Chiasso supportati da numerose istituzioni e privati che hanno prestato le opere presenti nelle loro collezioni in Italia, Svizzera, Francia e Stati Uniti. La sinergia di questa virtuosa rete ha permesso di esporre alla mostra le opere di celebri artisti e letterati da Piranesi, François Mazois, William Gell, Luigi Rossini ai fratelli Alinari; meccanismo virtuoso che permette al visitatore, già attonito dalla bellezza della Sala espositiva, di calarsi ora nel ruolo di viaggiatore del Grand Tour, ora in quello degli archeologi del Novecento.
La seconda tappa della mostra (la prima si è svolta al m.a.x. di Chiasso in primavera) diviene dunque un cammeo di bellezza e ricordi, una pausa contemplatrice di cui fare tesoro se andate in visita al Museo napoletano.
* Per approfondire la figura di Alcubierre e sulle sue scoperte a Ercolano, si consiglia la visione del docufilm “Alcubierre – Scavando tra le carte”, produzione realizzata da “ilCartastorie – Museo dell’Archivio storico del Banco di Napoli” in collaborazione con l’Università Federico II.
INFORMAZIONI
“Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta”
dal 28 giugno al 30 settembre 2018
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Salone della Meridiana
Curatori: Nicoletta Ossanna Cavadini (Direttrice del m.a.x. di Chiasso); Pier Giovanni Guzzo (già Soprintendente di Napoli e Pompei); Maria Rosaria Esposito (Responsabile Biblioteca del Museo Archeologico Nazionale di Napoli)
Ingresso: con il biglietto del Museo
Sito web: www.museoarcheologiconapoli.it