Inaugurata a Roma la mostra archeologica “Patrimonium Appiae. Depositi emersi”. Fino al 30 giugno 2023 saranno esposti oltre 250 reperti provenienti da contesti archeologici delle vie Appia, Latina e Ardeatina, per lo più inediti e provenienti da depositi, alcuni venuti alla luce durante scavi molto recenti. Una profonda e puntuale rilettura dello straordinario patrimonio archeologico del territorio romano che segue miglio dopo miglio le antiche vie dalla protostoria al tardo Medioevo.

Il tesoro nascosto del Parco dell’Appia Antica aperto ai cittadini e ai turisti di tutto il mondo. Ha inaugurato sabato 22 ottobre a Roma nel Casale di Santa Maria Nova (Villa dei Quintili), dove resterà aperta fino al 30 giugno 2023, la mostra archeologica “Patrimonium Appiae. Depositi emersi”: un grande evento che propone al pubblico oltre 250 reperti provenienti dai diversi contesti archeologici delle vie Appia, Latina e Ardeatina, per lo più inediti e provenienti da depositi, alcuni dei quali riportati alla luce durante scavi molto recenti. Non solo gioielli, anfore, urne cinerarie, capitelli e vasi, ma anche spatoline, ossa umane cremate, scheletri, monete medievali e antiche, come il sesterzio di Marco Antonio per Lucilla, dadi da gioco d’età romana, armi della Seconda Guerra Mondiale e bossoli dell’Ottocento: le testimonianze di millenni di storia, insomma, trascorsa lungo alcune delle vie principali della Città Eterna.

M(anii) Titini Theudae, Titiniaes Hilaraes
L’iscrizione era posta presso la sepoltura di Manio Titinio Theuda e Titinia Ilara. Non viene esplicitato lo stato sociale, ma l’origine grecanica dei cognomi, Theuda e Hilara, farebbe pensare a una loro condizione di liberti.
Il nome della mostra – “Patrimonium Appiae” – è un chiaro riferimento ai patrimonia, i vasti complessi territoriali gestiti dalla Chiesa di Roma, raccolti e uniti dopo la caduta dell’Impero. Inoltre, come sottolineano i curatori dell’esposizione Francesca Romana Paolillo, Mara Pontisso e Stefano Roascio, con la scelta del titolo c’è anche il desiderio di “evidenziare il vasto patrimonio archeologico e di cultura materiale che il territorio ha restituito e il Parco custodisce”. Ad accompagnare i ritrovamenti, numerosi saggi curati da autorevoli studiosi per aiutare a riannodare i fili delle diverse testimonianze archeologiche, in un corposo catalogo di oltre 600 pagine pubblicato da SAP Società Archeologica (scaricabile gratuitamente QUI).

Sulla fronte del contenitore di ceneri dei defunti, un’iscrizione recita: “Flavia Auge, liberta di Augusto, fece per il coniuge Onesimo e per sua figlia Briseide benemerenti”. Rinvenuta nei pressi del colombario “C”.

“Patrimonium Appiae. Depositi emersi” è il risultato di quasi un secolo di lavoro di scavo, con le connesse attività di studio, ricerca e tutela. La mostra, nel solco dell’archeologia globale, intende basarsi – spiegano i curatori – “su un’ottica di lungo periodo, priva di preclusioni cronologiche e disciplinari e strettamente legata al territorio. E propone i contesti archeologici che hanno restituito testimonianze materiali utili a definire la storia degli insediamenti e delle frequentazioni della campagna romana, a partire dalla preistoria e fino all’epoca contemporanea, con il curioso nucleo di armi della Seconda Guerra mondiale da Sette Bassi”.

I tre dadi in osso presentano le facce numerate da uno a sei tramite tacche circolari, dette “occhi”. I reperti sono stati recuperati da stratigrafie relative alla frequentazione post-antica del sito e non sono attribuibili a specifiche sepolture
Ed è un viaggio interessante sin dalla sede dell’esposizione, il Casale di Santa Maria Nova, un luogo caratterizzato da straordinarie evidenze della storia millenaria di questa porzione di campagna romana. Il Casale si trova al V miglio della via Appia Antica, nei pressi di un incrocio con una diramazione che raggiungeva la via Latina, e prende il nome da Santa Maria Nova al Palatino che, dagli inizi del XII secolo, possedeva un vasto latifondo sulla via Appia, nell’area dell’antica villa dei fratelli Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo, membri di una famiglia senatoria e consoli nel 151 d.C. Nel 182/183 d.C. l’imperatore Commodo li accusò di aver ordito una congiura contro di lui, li fece uccidere e si impadronì della loro residenza. Sui resti di un edificio del II secolo, forse una cisterna a due piani ristrutturata in età tardoantica come torre difensiva, nel 1208 sorse la struttura medievale, che tra il XV e il XVI secolo prese le forme attuali. A questa fase risale l’absidiola al primo piano, che si appoggia alle strutture romane, probabilmente una piccola cappella, edificata dai monaci della Congregazione Benedettina di Santa Maria del Monte Oliveto, che mantennero la proprietà fino al 1873 circa, quando fu messa all’asta e poi aggiudicata a Isidoro Marfori. Il casale venne costruito, a uso stalla, tre anni dopo direttamente sui resti delle strutture romane in opera reticolata. Passata ai conti Marcello, che ne affidarono la ristrutturazione a Luigi Moretti, e poi al produttore cinematografico Evan Ewan Kimble, che la trasformò in dimora di lusso, la struttura del casale fu acquistata dallo Stato nel 2006. Gli scavi hanno riportato alla luce il complesso residenziale del II secolo dotato di terme con frigidario absidato a pianta rettangolare, due vasche e pavimentazione in marmo cipollino; calidario con un corridoio con mosaico a pelte bianche e nere, e due salette con mosaici con scene di circo e arena e il sistema di riscaldamento dell’età di Commodo. A sud e a est delle terme, sono stati scoperti altri locali, attorno a un cortile e addossati a una cisterna seminterrata. La datazione del complesso ad epoca adrianea è confermata dai bolli di fabbrica sui mattoni da costruzione. Una lunga storia, quindi, che ha trovato un momento importante nel restauro, recupero funzionale e adeguamento che ne ha consentito, nel giugno 2018, l’apertura al pubblico come sede per mostre temporanee.

Gli strumenti qui esposti sono stati rinvenuti nel 2012 nei terreni a destra della via Appia Antica,
poco a nord di Casal Rotondo, nelle indagini di superficie e negli scavi condotti dall’Università di
Roma Tre.
Sono databili alla fase Aurignaziana, cultura del Paleolitico superiore che prende il nome da una
caverna presso Aurignac (Francia meridionale). A questa cultura, di cui è portatore l’uomo di Cro-
Magnon, risalgono le prime manifestazioni d’arte.

Intonaco, a fresco
Tardo III-IV sec. d.C.?
I frammenti raffigurano tre uomini in piedi su una barca, presso la quale nuota un pesce. La scena è
incorniciata da un canneto da vegetazione palustre. Un frammento conserva la rappresentazione di
un Eros o putto alato.

Vetro incolore sfumato verde azzurro
VI-VII sec. d.C.
La bottiglia, dal ventre sferoidale provvisto di beccuccio e lungo collo, costituiva il corredo di una
rioccupazione relativa all’ultima fase di utilizzo funerario della basilica di papa Marco (tomba 74
seconda metà V-prima metà VII sec.). Si ipotizza che recipienti di questo tipo fossero utilizzati come
contagocce o per versare olio nelle lucerne.

Marmo bianco
Copia di II sec. d.C. da originale greco.
Busto-ritratto rinvenuto nella Villa dei Quintili, in un ambiente delle cosiddette Aule dei filosofi, e
identificato con il filosofo greco Metrodoro di Lampsaco, allievo di Epicuro, noto per i suoi principi
filosofici legati all’edonismo.

Marmo pentelico
II secolo d.C.
Il frammento è stato rinvenuto nel 2004 nell’area termale della Villa dei Quintili, in un ambiente di
servizio del tepidarium. Il soggetto originale non è certo, si tratta comunque di una scultura a tutto
tondo che si ispira a tradizionali modelli greci.

Travertino
Epoca augustea (probabilmente 11 – 4 a.C.)
Il cippo è stato ritrovato in situ in Via del Mandrione n. 35, il 17 settembre 2019, durante alcuni scavi per la sostituzione della rete del gas, e appartiene alla serie di cippi relativi alla terminazione di
Augusto degli acquedotti Marcia, Tepula e Iulia.

Marmo
1 gennaio-13 settembre 95 d.C.
La lastra, rinvenuta nel territorio di Bovillae tra metà Ottocento e inizi del Novecento, fu posta in
onore dell’imperatore Domiziano, di cui si riportano in modo completo la titolatura e le cariche rivestite.

Marmo bianco grigiastro a grana grossa
Intorno al 270 d.C.
Nel frammento di sarcofago è raffigurata una scena di caccia in cui sono presenti un orsetto accovacciato e, a sinistra, un cinghiale di cui resta solo uno zoccolo. Si conosce un altro frammento del medesimo sarcofago, con cinghiale in corsa, purtroppo perduto.

Ceramica
Seconda metà XIII-prima metà del XIV sec. d.C.
Il frammento di parete di forma chiusa di Maiolica Laziale appare decorato con il motivo di una colonna, riconducibile allo stemma araldico dell’omonima famiglia. Il Castrum, poco dopo la morte di papa Bonifacio VIII nel 1303 e l’arretramento della sua famiglia, passò sotto il controllo dei Colonna, acerrimi rivali dei Caetani.
Un ruolo centrale nella mostra è giocato dalla sezione “Art Crossing. Riattivare il genius loci”, a cura di Spazio Taverna (Ludovico Pratesi e Marco Bassan), che riunisce sei opere site specific di artisti contemporanei (Flavio Favelli, Diego Miguel Mirabella, Lulù Nuti, Giulio Bensasson, Alessandro Piangiamore e Namsal Siedlecki) all’interno del Casale e nell’area archeologica adiacente. Realizzate in collaborazione con gli archeologi del Parco, le opere degli artisti si basano su un dialogo tra i linguaggi sperimentali dell’arte contemporanea e il Genius Loci del sito, per invitare il pubblico ad analizzare l’archeologia attraverso punti di vista inediti e originali, secondo un modello di contaminazione tra passato e presente. Art Crossing si iscrive all’interno di un programma più ampio di incontro tra arte contemporanea e altri mondi portato avanti dal progetto curatoriale Spazio Taverna. Quest’ultimo nasce con la missione di interpretare la complessità di questo tempo, producendo nuove narrazioni contemporanee, attraverso la riattivazione dei luoghi e la contaminazione tra ambiti culturali diversi.
Info mostra
“Patrimonium Appiae. Depositi emersi”
Roma, Casale di Santa Maria Nova, Villa dei Quintili
Via Appia Antica, 251
22 ottobre 2022 – 30 giugno 2023
Orari mostra: fino al 31 ottobre dalle 9 alle 18.30; dal 1° novembre al 28/29 febbraio dalle 9 alle 18.30; dal 1° marzo al 31 marzo dalle 9 alle 18.30; dal 1° aprile al 30 giugno dalle 9 alle 19.15. Ultimo ingresso consentito un’ora prima della chiusura.
Prezzi: intero 8 euro, biglietto valido per 3 giorni consecutivi in tutti i siti del Parco Archeologico dell’Appia Antica; ridotto 4 euro per possessori di Roma Pass; ridotto 2 euro (riservato a giovani tra 18 e 25 anni); gratuito per i minori di 18 anni, guide turistiche abilitate e le altre gratuità previste dalla normativa. Abbonamento annuale “La Mia Appia Card” 15 euro per ingressi illimitati in tutti i siti del Parco.
Come arrivare con i mezzi pubblici: Metro A (Colli Albani) e poi la linea 664. O la linea circolare 118: il bus ferma a Circo Massimo, Piazza Venezia e Colosseo per proseguire verso la Via Appia Antica. Il capolinea è di fronte all’ingresso di Villa dei Quintili sulla Via Appia Nuova.
Informazioni: www.parcoarcheologicoappiaantica.it
VISITE
GUIDATE
Patrimonium Appiae. Depositi emersi/Art Crossing
Casale di Santa Maria Nova – Via Appia Antica 251
PROSSIME DATE: domenica 6 novembre e domenica 4 dicembre, orari 10:30 e 12:00
La mostra presenta circa 250 reperti archeologici provenienti dagli scavi del territorio della via Appia e della via Latina, raramente esposti e in larga parte provenienti dai depositi del Parco. Il giardino del Casale ospita invece opere d’arte, site-specific, realizzate da artisti viventi in dialogo con i materiali archeologici.
Modalità di accesso:
Alle visite guidate delle 10:30 e 12:00 può partecipare un numero massimo di 20 persone. Prenotazione obbligatoria.
Ingresso da via Appia Antica 251.
Attività gratuita.

Fonte: Parco Archeologico Appia Antica.
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