Il cardinale vercellese Guala Bicchieri (1160-1227) fu una personalità di primissimo piano nella storia italiana ed europea del Duecento. Legato pontificio di Innocenzo III, fu tra le “menti” che nel 1215 elaborarono la redazione della “Magna Charta”, il celeberrimo documento poi accettato dal re Giovanni “Senzaterra” per “accontentare” i baroni ribelli in un momento molto difficile per la monarchia inglese, garantendone fra le altre cose la protezione dalla detenzione illegale e il diritto a una rapida giustizia. Una collaborazione, quella tra Guala e la corona, che sarebbe proseguita, alla morte di Giovanni (1216), assumendo la reggenza per il principe Enrico III, all’epoca minorenne. Quest’ultimo avrebbe ringraziato il cardinale dei suoi servigi intestandogli, in perpetuo, le rendite dell’abbazia di Saint Andrew a Chesterton, Cambridge: fondi grazie ai quali Guala poté a sua volta finanziare la costruzione, a Vercelli, dell’abbazia intitolata appunto a Sant’Andrea, la cui basilica si erge ancora oggi con le sue maestose forme gotiche, uno dei simboli della città piemontese.

La basilica di Sant’Andrea a Vercelli, fondata da Guala Bicchieri (Wikimedia Commons)

Meno nota, forse, è la passione che il dotto prelato nutriva per gli oggetti di valore, in particolare cofani e scrigni, che faceva decorare con gli splendidi e ricercati smalti champlevé di Limoges, da lui conosciuti e apprezzati in occasione della visita all’abbazia di Grandmon, compiuta intorno al 1198. Guala li utilizzava per custodire documenti e oggetti liturgici che portava con sé durante i suoi lunghi e frequenti viaggi.

Da scrigno da viaggio a reliquiario

Uno di questi scrigni costituisce un vanto del Museo Leone di Vercelli. Un altro, realizzato da orafi di Limoges nel 1220-25 e riccamente ornato da medaglioni in oreficeria e smalto, con animali fantastici e scene profane, è però ancora più unico e straordinario. Il cofano fu ritrovato nel 1823 durante i restauri della chiesa di Sant’Andrea, da lui fondata e alla quale aveva destinato con legato testamentario la ricca collezione di oreficerie, arredi liturgici e manoscritti che aveva raccolto nel corso dei suoi viaggi nell’Europa settentrionale: era stato murato in una parete del presbiterio.

Il cofano di Guala Bicchieri (© Palazzo Madama, Torino)

Al suo interno, come in un reliquiario, si trovavano le ossa del prelato, qui deposte nel Seicento in occasione della loro traslazione da Roma (dove Guala morì nel 1227), non è chiaro se da San Giovanni in Laterano oppure dalla chiesa di San Martino ai Monti, di cui era titolare.

Uno degli splendidi smalti (© Palazzo Madama, Torino)

Il legno del cofano si presentava molto rovinato, perciò l’architetto Carlo Emanuele Arborio Mella lo sottopose a restauro sostituendo la struttura lignea originaria con una nuova in noce, per poi rimontarvi le decorazioni come le aveva trovate, aggiungendo i tondi lisci in ottone sul coperchio, le borchie in ottone attorno ai medaglioni duecenteschi e le due maniglie in ferro sui fianchi. Infine lo arricchì con una placchetta in forma di scudo con leone rampante in smalto blu, di epoca medievale ma non appartenente al decoro originario del cofano.

La serratura, anch’essa preziosamente decorata (© Palazzo Madama, Torino)

Nel 1824 l’opera entrò in una collezione privata finché nel 2004 venne acquistata da Città di Torino e Regione Piemonte. Da allora questa meraviglia, una rarità assoluta (di pezzi simili ne esistono solo cinque in tutto il mondo) è uno dei pezzi più iconici delle collezioni del torinese Palazzo Madama. Nel era stato oggetto di una importante mostra.

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Alcuni degli elementi in rame e smalto che lo impreziosivano in origine, però, risultano ancora oggi mancanti, verosimilmente trafugati durante la permanenza dell’opera nella chiesa di Sant’Andrea di Vercelli, tra il XIII e il XVIII secolo. In particolare sono andati perduti i dieci medaglioni del coperchio, i dieci che ornavano il retro, oltre a diverse staffe e cantonali (elementi in rame e smalto champlevé, anch’essi con decoro floreale di colore blu, verde e bianco che rivestivano gli spigoli del cofano).

Vista d’insieme di uno dei lati dello scrigno (© Palazzo Madama, Torino)

Mistero risolto?

Il “mistero” della loro sparizione è continuato fino al 2019, quando un antiquario di Parigi contattò il Museo del Louvre per sottoporgli cinque smalti e, subito dopo, Palazzo Madama, per proporre in vendita cinque staffe: uguali per dimensioni, decoro e colori a quelle che decorano il fronte e i fianchi del cofano di Guala Bicchieri e quindi verosimilmente provenienti da quest’opera.

Ma erano davvero i pezzi perduti? A stabilirlo sono state le indagini diagnostiche (analisi XRF) sulle staffe, promosse dal conservatore di arti decorative Simonetta Castronovo e realizzate dal Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino: accertamenti non invasivi, ma che hanno permesso di leggere con precisione la composizione chimica dello smalto e le tecniche di lavorazione del vetro.

Uno dei preziosi smalti colorati (© Palazzo Madama, Torino)

Le verifiche e le analisi hanno rilevato che le staffe ora in possesso della galleria parigina coincidevano esattamente per dimensioni e disegno degli elementi floreali con quelle ancora presenti sul cofano di Palazzo Madama. E che la loro composizione chimica era identica a quella degli smalti del cofano Bicchieri. La quale, a sua volta, è assai particolare e costituisce un unicum nell’ambito della produzione di Limoges. L’insieme di dati ha permesso di confermare la provenienza di questi frammenti dal cofano di Palazzo Madama. E da qui, il “sogno” proibito: perché non provare ad acquisirli così da ricollocarli sul retro del cofano, oggi spoglio, ricomponendo filologicamente il decoro originario dell’opera per restituirla il più possibile così com’era?

Una delle cinque staffe ritrovate e in attesa di essere ricomposte se il crowdfunding avrà successo (© Palazzo Madama, Torino)

La campagna per “ridare smalto” al cofano

Un sogno che ora può realizzarsi grazie alla partecipazione di tutti. Nel 2013  Palazzo Madama aveva aperto una campagna di crowdfunding per acquisire un prezioso servizio da tè, caffè e cioccolata con stemma Taparelli detto “Servizio d’Azeglio”: l’iniziativa riscosse grande successo permettendo al museo di raggiungere la cifra richiesta nell’arco di pochi mesi. Da qui la decisione di “replicare” con il cofano Bicchieri. La cifra richiesta dall’antiquario per cedere le cinque staffe  è di 50.000 € e la scadenza per arrivare a tale importo è fissata a fine dicembre 2024.

La campagna di crowdfunding, apertasi ufficialmente  giovedì 28 marzo 2024, è accompagnata da conferenze, video e storytelling. Le donazioni online possono essere fatte da tutti attraverso la piattaforma Rete del Dono: si accede tramite apposito link e si può versare la cifra desiderata utilizzando tutte le tipologie di pagamento: carte di credito, bonifici bancari, Pay Pal, Satispay. Rete del Dono emetterà automaticamente le ricevute ai donatori, inviandole via mail. Le donazioni possono inoltre beneficiare dell’Art Bonus: un incentivo fiscale che consente una detrazione, fino al 65%, per chi effettua donazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano.

Ovviamente, come sempre in questi casi, Palazzo Madama ha previsto dei “premi” (reward)  specifici per tutti i partecipanti alla raccolta fondi: dall’iscrizione del nome del donatore sul donor wall del sito di Palazzo Madama, all’emissione di ingressi omaggio in museo, fino alla visita guidata delle collezioni e del palazzo, fuori orario, con il Direttore. Un’occasione da non perdere per “far ritrovare smalto” al celebre cofano e riportarlo, come merita, al suo antico splendore.

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